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TREVISO - «Mi hanno bruciato il negozio». Incendio doloso lunedì sera, verso le 10, a Santa Bona. Nel mirino è finita l’officina di riparazione e vendita biciclette “Pit Stop” di via Ronchese, un’attività storica, rilevata da un anno e mezzo da un giovane kosovaro. Un episodio inquietante proprio nel quartiere più “caldo” della città, dove adesso serpeggia il timore di faide e regolamenti di conti tra stranieri.
LE INTIMIDAZIONI
«Un paio di settimane fa sono stato minacciato da un cliente che non voleva pagarmi la bicicletta - racconta il titolare Liron Zimaj, 20 anni e in Italia da dieci -. Mi sono presentato a casa sua perché lo conosco da tempo: è un ragazzo senegalese che è stato mio compagno di scuola. Avanzavo 400 euro da lui. Quando sono andato a battere cassa mi ha cacciato dicendo: “Mi basta una chiamata e ti faccio bruciare il negozio”». Una minaccia che gli rimbomba in testa all’indomani del rogo, mentre con una scopa spazza via i vetri rotti e quel che resta dell’acqua usata dai pompieri intervenuti lunedì sera.
L’ALLARME
La chiamata ai soccorsi è partita da una ragazza che abita nel condominio di fronte: era in terrazza a fumare una sigaretta quando ha visto divampare le fiamme.
DANNI INGENTI
Una decina di biciclette, quelle che erano posizionate a ridosso della vetrata, sono ridotte a carcasse: il telaio fuso dal calore, i copertoni colati, le selle polverizzate. Della vetrata non resta più nulla e dal soffitto annerito e penzolano i lampadari. Dentro all’officina, al civico 28, non c’è soltanto puzza di bruciato ma anche di ritorsione. «Di recente c’è stato anche un furto: mi hanno rubato 200-300 euro dalla cassa» - aggiunge sconsolato il titolare, avvertito del rogo dal negoziante accanto a lui, Ewobe Oseiwe, nigeriano che gestisce un piccolo market-bazar di prodotti africani. «Sono arrivato alle 8.30, ho visto tutto bruciato e l’ho chiamato subito - dice il nigeriano. Poi indica quella che fino al giorno prima era una mountain bike: «Gliela avevo lasciata perché la riparasse, adesso è da buttare». Come molte altre, bici elettriche comprese. «Alcune erano pronte per la consegna - spiega il titolare -. Questo è un duro colpo, proprio adesso che gli affari andavano bene».
SACRIFICI IN FUMO
Il giovane kosovaro, che abita a Istrana ha rilevato l’attività da un anno e mezzo, raccogliendo lo storico biciclettaio del quartiere. Prima aveva lavorato a Jesolo, come dipendente fino a quando gli si era presentata l’occasione di mettersi in proprio. «Tanti sacrifici e poi vedi tutto andare in fumo così. Non è possibile» - commenta il 20enne con gli occhi lucidi. Ieri mattina ha chiamato al polizia, già al corrente dell’episodio. «Mi aspettano per la denuncia» - conclude il kosovaro, che ora dovrà rimboccarsi le maniche per sistemare i danni e riprendere l’attività, a cui si rivolgono non solo i residenti del quartiere ma anche stranieri che abitano altrove e che spesso hanno soltanto la bicicletta come mezzo di trasporto. L’officina è agibile: fortunatamente le fiamme non hanno causato danni strutturali né hanno intaccato il resto dell’edificio, adibito perlopiù a negozi. Il tempestivo intervento dei pompieri ha permesso di contenere i danni. Resta però la preoccupazione per un fatto inquietante, in una quartiere tristemente famoso per essere teatro di degrado e gli episodi di criminalità.
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Il Gazzettino