Il fratello muore, l’avvisano dopo un mese e mezzo per "liberare" l'obitorio

Il cimitero di Mestre
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MARTELLAGO/MESTRE - «Scusi signora, qui servirebbero i posti: bisogna portare via la salma e fare il funerale. Se non avete i soldi per pagarlo, potete fare richiesta di aiuto al Comune». In questo modo, con una telefonata “shock” della polizia mortuaria, mercoledì mattina una cinquantenne di Maerne ha saputo che suo fratello era morto, e non il giorno stesso ma da ben un mese e mezzo: anche l’anziana madre del defunto era all’oscuro di tutto.


DIMENTICATO DAL MONDO L.Z., 45 anni, che abitava a Favaro Veneto in un alloggio popolare fornitogli dal Comune di Venezia, e che era malato e seguito dai servizi sociali, è deceduto il 4 febbraio e da allora si trova, “dimenticato” dal mondo, nella cella frigorifera del cimitero di Mestre. Verosimilmente il problema è nato dal fatto che del decesso deve essere stata avvisata - colpevolmente - soltanto la compagna del quarantacinquenne, la quale tuttavia risiede a Trieste, vive a sua volta una situazione di disagio e non ha pensato di mettere al corrente della tragedia i familiari dell’uomo. I quali ieri, oltre al dolore per la morte del loro caro, hanno provato anche tanta, tanta rabbia. «E’ un fatto vergognoso, inconcepibile, da denuncia: se non avessero avuto bisogno di spazi in obitorio, quando ci avrebbero avvertiti?», tuona la sorella, che negli ultimi giorni aveva chiamato più volte il fratello al telefono, senza ovviamente ottenere risposta, ma che mai avrebbe immaginato quest’epilogo. «Io non riesco a capire: i servizi sociali avevano tutti i miei riferimenti - prosegue la donna -, il mio numero era registrato sul cellulare di mio fratello. Senza contare che nostra mamma abita poco distante, a Campalto. Come ci hanno rintracciato adesso, perché non l’hanno fatto il 4 febbraio? Anzi, scorrendo le chiamate sul telefonino, ce n’era una di quel giorno in cui mi hanno chiesto il numero di cellulare della compagna di mio fratello, ma mica mi hanno detto che era deceduto. Com’è possibile non avvisare di un decesso i parenti stretti di una persona? Siamo caduti tutti dalle nuvole, non sappiamo nemmeno come, di cosa e dov’è morto, dove sono i suoi effetti personali. Mio fratello aveva i suoi problemi, ma era pur sempre una persona con la sua dignità, che è stata calpestata».


Secondo la cinquantenne di Maerne questo tragico “disservizio” ha poco o nulla a che vedere con l’emergenza coronavirus, «che all’inizio di febbraio non era ancora esplosa. Non bastasse tutto ciò che è successo, questo ulteriore problema ce l’abbiamo invece adesso: non possiamo uscire di casa e non sappiamo cosa fare». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino