No vax nella casa di riposo. Il giudice ordina il vaccino Due familiari erano contrari

No vax nella casa di riposo. Il giudice ordina il vaccino Due familiari erano contrari
PORDENONE Si allarga in provincia di Pordenone la guerra ai no vax nelle case di riposo. E dalla residenza per anziani di Sacile arriva una storia paradigmatica, che può...

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PORDENONE Si allarga in provincia di Pordenone la guerra ai no vax nelle case di riposo. E dalla residenza per anziani di Sacile arriva una storia paradigmatica, che può aprire la strada ad altri provvedimenti simili. Il giudice tutelare del Tribunale di Pordenone ha infatti disposto il vaccino d'imperio nei confronti di un anziano che non aveva ottenuto il permesso da parte dei familiari. Lo ha confermato la direzione della struttura. 


IL RACCONTO

All'interno della casa di riposo di Sacile, dopo la prima fase delle vaccinazioni, si era passati ad esaminare i casi relativi agli anziani non in grado di decidere per se stessi. Come da decreto ministeriale, c'è bisogno di un amministratore provvisorio e del consenso di un parente sino al terzo grado. Ma qui la vicenda aveva preso una piega strana. Due dei tre figli dell'anziano, infatti, hanno detto no al vaccino, negando il consenso. Il terzo, invece, aveva dato il suo assenso all'iniezione. A quel punto è scattato il ricorso al giudice tutelare, il quale ha deciso di procedere con la vaccinazione d'imperio, nonostante il parere contrario di due figli su tre. 


GLI ALTRI ESEMPI

Altri casi sono segnalati un po' in tutta la provincia di Pordenone. Ad esempio a Zoppola, ma soprattutto all'interno dell'Umberto I, come raccontato su queste pagine. Lì è iniziata la battaglia legale contro le famiglie no vax. La struttura, infatti, presenta il ricorso al giudice tutelare per ottenere la vaccinazione forzata di tre anziani ai quali era stato negato il consenso da parte di altrettanti familiari contrari all'iniezione. Sarà il Tribunale a dover dare (o meno) il via libera alla vaccinazione dei tre anziani. Il problema si è presentato quando la direzione dell'Umberto I è passata dalla fase uno alla fase due della campagna di vaccinazione. Era il turno degli anziani non in grado di decidere per se stessi, quindi serviva il consenso di un familiare sino al terzo grado di parentela. Ma l'ok al vaccino in tre casi non è arrivato. Anzi, la comunicazione giunta in direzione è stata quella opposta. «I familiari - faceva sapere il direttore Giovanni Di Prima - si sono opposti all'intervento». La contrarietà dei parenti ha provocato uno stallo esecutivo, e la vaccinazione non ha riguardato i tre anziani, mentre tutti gli altri ospiti hanno ricevuto la dose promessa. Il risultato è quello di un'immunità di gregge comunque alle porte, ma sporcata da tre rifiuti che possono escludere dalla bolla di sicurezza altrettanti ospiti inconsapevoli, su cui pesa la scelta di persone terze. E allora si è deciso di intervenire d'imperio. La direzione dell'Umberto I quindi si è rivolta al giudice tutelare. A prevedere questa possibilità è il decreto del 5 gennaio scorso, voluto dal ministero della Salute e incentrato proprio sulla difficile tematica del consenso alla vaccinazione tra gli anziani non in grado di decidere per se stessi. Il direttore sanitario della singola struttura (anche delegando al direttore operativo, se necessario) può infatti presentare un ricorso al giudice tutelare per ottenere l'accoglimento della richiesta e l'autorizzazione alla vaccinazione nonostante il parere contrario dei familiari. Ed è quello che è accaduto all'Umberto I. La motivazione alla base del ricorso fa riferimento alla preservazione della salute del singolo anziano, ma anche alla sicurezza della comunità chiusa (la casa di riposo) nella quale risiede la persona al momento sprovvista del consenso in conto terzi. Se il giudice tutelare dovesse accogliere le richieste della direzione, però, la storia potrebbe non essere ancora finita. I familiari, infatti, avrebbero di fronte tre strade: accettare il pronunciamento del Tribunale, chiedere e ottenere entro dieci giorni le dimissioni del parente dalla struttura protetta e in ultima analisi presentare un ricorso. In quest'ultimo caso il Tribunale sarebbe chiamato ad esprimersi in forma collegiale. 
M.A.

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Il Gazzettino