La nuova strategia dei No Vax: «Bloccare i centri vaccinali»

Un corteo di no green pass
VENEZIA - Dopo i cortei nelle strade e i presìdi nelle piazze, la protesta dei no-pass (ed evidentemente anche no-vax) si sposta nei centri vaccinali. Messi in...

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VENEZIA - Dopo i cortei nelle strade e i presìdi nelle piazze, la protesta dei no-pass (ed evidentemente anche no-vax) si sposta nei centri vaccinali. Messi in difficoltà dalle oggettive restrizioni alle manifestazioni, i vertici del movimento in Veneto hanno deciso di cambiare strategia e di puntare al cuore di quello che per loro è il problema: la campagna di profilassi, arrivata ormai a 9,6 milioni di dosi sul territorio regionale. Attraverso la chat di Telegram, ieri è stata lanciata la mobilitazione per il boicottaggio delle attività, basato su un metodico rallentamento che rischia però di sconfinare nell'interruzione di pubblico servizio.


LA PROPAGANDA

Dettagliate dagli amministratori di Veneto No Green Pass, compagine che fa riferimento a Cristiano Fazzini, le indicazioni sono state diramate alle 6.21 del mattino. I promotori provano a risollevare il morale delle truppe con toni da propaganda: «Centinaia di persone si stanno presentando nei centri punturali richiedendo ricetta prescrizione vaccino e firma di consensi redatti dagli avvocati mandando in tilt tutto il sistema nazista!!». Per questo viene prospettata «una modalità per difenderci e per riprenderci la nostra libertà contrastando questo obbligo al siero voluto da un regime che ormai sta battendo gli ultimi colpi di coda», nella convinzione che «adesso tocca a noi della resistenza farci avanti per far valere i nostri diritti». I fomentatori precisano che «non c'è nulla da pagare» e incitano alla rivolta: «Mettiamoli in difficoltà! Se siete veri lottatori andate! Se siete pecore impaurite state fermi e subite!».


LE ISTRUZIONI

Articolate in quattro mosse, le procedure sono molto dettagliate. La premessa è che occorre scaricare alcuni documenti dal sito dell'avvocato Alessandro Fusillo, il professionista romano che attraverso piattaforme come Difendersi Ora offre anche «consulenza legale in materia di obbligo vaccinale». In particolare viene suggerito di stampare la dozzina di pagine riguardanti le «dichiarazioni di consapevolezza e assunzione di responsabilità del medico». Ripulite dalle sgrammaticature, ecco le quattro istruzioni. La prima è di prenotare «il giorno dell'inoculazione sacra». La seconda è di presentarsi «con tutta la documentazione», visto che le Ulss «non risponderanno» alla Pec inviata «qualche giorno prima». La terza è di andare al centro vaccinale «con un testimone (amico o parente)» e di «registrare tutto di nascosto» mentre si chiede la «prescrizione del vaccino»: l'idea di fondo è che la somministrazione debba avvenire sotto la «piena responsabilità personale», e dunque con la firma, del sanitario di turno. Si arriva così alla quarta fase: «A questo punto entrerete in un combattimento verbale con il medico vaccinatore e voi da tutto questo dovrete uscire con i dati anagrafici e numero iscrizione all'Ordine del medico o infermiere vaccinatore. Sono obbligati a darvi i loro dati essendo pubblici ufficiali. Se non vorranno darli chiamerete il 112 per far arrivare i carabinieri per verbalizzare tutto». Tutto questo «per contrastare sospensioni o chiedere risarcimenti ma soprattutto per bloccare questa macchina omicida». Testuale: «Se cominciamo a fare domande nei centri vaccinali, li metteremo al muro subito! Non avranno risposte! È tutto illegale quello che stanno facendo!».


I CARABINIERI

Le aziende sanitarie riferiscono di aver già registrato i primi assalti degli attivisti, ma assicurano di averli gestiti con tranquillità. Spiegano dall'Ulss 2 Marca Trevigiana: «In genere la questione viene risolta con una chiacchierata, anche se certamente fa perdere tempo. È però capitato di dover allertare le forze dell'ordine». Conferma Lorena Gottardello, responsabile del Servizio igiene e sanità pubblica dell'Ulss 6 Euganea: «Al nostro personale abbiamo dato procedure precise, con l'ordine di non firmare niente. È già successo di dover chiamare i carabinieri, ma spesso sono gli stessi contestatori a farlo, il che semplifica tutto: la pattuglia arriva e fa capire che potrebbe profilarsi un'interruzione di pubblico servizio, per cui possiamo tornare a lavorare». Che beffa.

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Il Gazzettino