Nft, l’inchiesta si allarga: 103 indagati, 150 milioni di euro spariti e oltre 6mila vittime. I truffati: «Paghino le banche»

L’associazione Afue chiede una perizia contabile in incidente probatorio: «Gli istituti di credito siano responsabili civili»

Nft, l’inchiesta si allarga: 103 indagati, 150 milioni di euro spariti e oltre 6mila vittime. I truffati: «Paghino le banche»
TREVISO - Più la Procura scava più si allarga il raggiro legato alla New Financial Technology di Silea. Gli indagati sono infatti saliti a 103, i milioni di euro...

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TREVISO - Più la Procura scava più si allarga il raggiro legato alla New Financial Technology di Silea. Gli indagati sono infatti saliti a 103, i milioni di euro spariti hanno raggiunto quota 150 e la platea di truffati è aumentata fino a superare i 6mila. E a tremare adesso sono anche le banche, almeno sulla carta. Già, perché l’Afue, l’associazione vittime di truffe finanziarie presieduta da Daniele Pistolesi (che con l’aiuto degli avvocati Enrico Conti e Michele Peretto ha già depositato più di 400 querele solo a Treviso per il caso Nft) ha presentato agli inquirenti trevigiani la richiesta di disporre una perizia tecnico-contabile in incidente probatorio per ricostruire (e mettere nero su bianco attraverso un accertamento irripetibile, ndr) tutte le operazioni compiute dagli enti bancari o finanziari coinvolti (movimentazioni di criptovalute ma anche semplici bonifici in entrata e in uscita) per capire se siano state o meno violate le norme antiriciclaggio e, nel caso, chiamare proprio gli istituti di credito a rispondere (in tutte le sedi giudiziarie) come responsabili civili.

L’AZIONE

«Confidiamo che la consulenza richiesta alla Procura di Treviso possa trovare accoglimento così da avere risposte ben precise riguardo l’operato di banche ed enti finanziari (i cosiddetti exchange) nella vicenda legata alla New Financial Technology. I soldi degli investitori sono transitati proprio tramite istituti bancari esteri ed exchange i quali dovevano sapere che la Nft era una società non abilitata alla raccolta di denaro presso i risparmiatori italiani. In attesa che si incardini il processo, per il quale siamo pronti per tutti i nostri assistiti, abbiamo attenzionato l’operato degli istituti di credito tradizionali e degli exchange sulla base dei precedenti ottenuti in questi anni sia nei confronti di banche tradizionali sia nei confronti di enti finanziari in truffe molto simili a quella della Nft in diversi tribunali italiani». Nel mirino non ci sono dunque soltanto i vertici della Nft nonché principali indagati (l’avvocato Emanuele Giullini, Christian Visentin e Mauro Rizzato) e i loro agenti, ma anche gli istituti di credito attraverso cui sono avvenute le operazioni per gli investimenti in criptovalute, con promesse di interessi del 10% mensile. 

I MOTIVI

Forti di due sentenze della Cassazione che hanno confermato le condanne ad altrettanti funzionari di banca per riciclaggio, basate sulla configurabilità del “dolo eventuale” collegato alla “teoria dell’accettazione del rischio”, l’Afue sostiene che banche ed exchange non abbiano agito correttamente per limitare, o meglio per evitare, il riciclaggio di denaro nella vicenda Nft. Nello specifico, secondo l’associazione gli istituti di credito avevano il dovere di monitorare attentamente le transazioni dei loro clienti, di segnalare qualsiasi attività sospetta alle autorità e di cooperare con gli inquirenti. I comportamenti contestati (presunti, ovviamente, e proprio per questo viene chiesta una perizia tecnico-contabile in incidente probatorio, ndr) secondo l’Afue vanno dalla verifica dell’identità dei clienti alla valutazione del rischio di riciclaggio, dalla segnalazione di transazioni sospette alla conservazione dei documenti che le attestavano. Spetta ora alla Procura muoversi anche su questo nuovo fronte. 

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Il Gazzettino