AIELLO DEL FRIULI (Udine) - È una storia piena di colpi di scena quella che stanno vivendo dal oltre 10 anni i coniugi triestini Pizzi, Claudio e Bruna, due maestri di...
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«Erano genti slave, con le loro divinità, che si fecero seppellire, come loro uso, con il corredo, ma vicino alla chiesa – dice Bruna -; perché, chissà, forse quel dio cristiano che avevano conosciuto qui, poteva essere più potente del loro». La passione per la storia e la caparbietà di questa coppia ha permesso di far venire alla luce una delle necropoli di questo genere, del 900 dopo Cristo, più importanti e vaste del Nord Italia. «Il lavoro è lungo e faticoso. Tanti sono bambini e donne, morti di fatica per il lavoro nei campi: le donne tra i 25 e i 30 anni, i bambini tra gli 8 e i 13 anni. Le donne trainavano l’aratro, i figli portavano tanti pesi. Dalle ossa deformate si vede bene. L’ultimo bambino è “venuto alla luce” nel novembre scorso. Andiamo avanti un po’ alla volta, con fatica, con il prezioso aiuto delle archeologhe dell’Università di Udine che studiano questa necropoli senza guardare le lancette dell’orologio». Il complesso delle case del 1400, la “Centa di Joannis”, intanto, è stato quasi del tutto restaurato, vincolato come sito di interesse nazionale dalla Soprintendenza e non ci vive nessuno, perché non c’è acqua né rete fognaria, perché tutta l’area è ancora da indagare, metro per metro. Di proprietà privata, conta anche i resti di una cappella sacra dedicata a Santa Lucia, i resti di una chiesa e di un cimitero. Dallo scorso anno è stata inserita nel circuito di “Castelli Aperti” grazie al Consorzio di Salvaguardia dei castelli storici del Friuli Venezia Giulia. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino