Ndrangheta, processo al clan Bolognino: il pm chiede 150 anni per i 35 imputati

Tribunale
VENEZIA - Centocinquant'anni e dieci mesi. Più 15 milioni da confiscare tra reati tributari e riciclaggio. È la richiesta del pubblico ministero Antimafia di...

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VENEZIA - Centocinquant'anni e dieci mesi. Più 15 milioni da confiscare tra reati tributari e riciclaggio. È la richiesta del pubblico ministero Antimafia di Venezia, Paola Tonini, a chiusura della requisitoria del processo in abbreviato celebrato ieri nei confronti dei trentacinque imputati legati al clan Bolognino della ndrangheta che hanno scelto il rito abbreviato. 

L'inchiesta era esplosa nel marzo 2019 quando erano stati arrestate 33 persone (54 in tutto gli indagati) ed era stata così smantellata un' organizzazione criminale collegata alla cosca Grande Aracri della 'ndrangheta, che tra le province di Venezia, Padova e Vicenza, tra violenze ed estorsioni riciclava il denaro frutto dei reati in Calabria.
I VERTICI
Tra i trentacinque imputati che hanno scelto il processo in abbreviato - il troncone principale vede il dibattimento per 14 imputati in corso di fronte al tribunale Collegiale di Padova - i nomi principali sono quelli di Michele Bolognino (considerato il promotore della cosca, dal 2015 in regime di 41bis e condannato a 37 anni nel procedimento Aemilia, la madre di quest'inchiesta) e del fratello Francesco Bolognino. Per loro il pm Tonini ha chiesto rispettivamente 13 anni, 4 mesi e 10mila euro di multa e 7 anni, 5 mesi e 10 giorni (oltre a 8mila euro di multa) per Francesco. Un anno, 5 mesi e 23 giorni la richiesta avanzata anche per la figlia di Francesco, Noemi Andrea. Richieste di condanna anche per Tobia De Antoni, di Fossalta di Portogruaro, accusato di essere il «braccio operativo» e il «picchiatore» di fiducia di Mario Vulcano, uno dei rappresentanti in Emilia della cosca della ndrangheta Grande Aracri legato ai fratelli Bolognino: rischia 7 anni, 1 mesi, 10 giorni (e 6.222 euro di multa).
GLI IMPRENDITORI
Tra gli imprenditori avevano scelto la strada dell'abbreviato Leonardo Lovo, di Campagna Lupia, Federico Schiavon, di Padova e Adriano Biasion di Piove di Sacco (Padova), finiti sotto accusa per l'emissione di un gran numero di false fatture utili a ripulire il denaro della ndrangheta. 

Pesanti le richieste di condanna snocciolate dall'accusa. Il pm Antimafia ha chiesto 2 anni e 1.600 euro di multa per Lovo, avanzando anche la proposta di confisca di 1,95 milioni di euro per reati tributari e di altri 3,24 milioni per reati legati al riciclaggio. Nei confronti di Federico Schiavon la proposta di pena è stata di 2 anni e 3mila euro di multa, a cui aggiungere 56mila euro in totale che la procura di Venezia vuole confiscare perché legati a reati tributari e riciclaggio. Pugno di ferro invece quello usato dall'accusa per Adriano Biasion: 3 anni di carcere, 6 mila euro di multa e una confisca totale di più di 5,2 milioni di euro: 2 per reati tributari e 3,24 per il riciclaggio. Tra le pene più alte i 12 anni chiesti per il commercialista Donato Clausi, di Crotone. 
N. Mun.
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Il Gazzettino