'Ndrangheta, blitz in Veneto per aver agevolato la cosca "Dragone" nell'accaparrarsi fondi pubblici

Carabinieri
I Carabinieri del Comando provinciale di Mantova, a conclusione di indagini coordinate dalla Dda di Brescia, stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare a carico di 10...

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I Carabinieri del Comando provinciale di Mantova, a conclusione di indagini coordinate dalla Dda di Brescia, stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare a carico di 10 persone indagate per concussione, corruzione e intestazione fittizia di società con l'aggravante delle finalità mafiose, per aver agevolato la cosca 'ndranghetista Dragone. L'operazione è in corso in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Calabria. I reati sarebbero stati commessi nell'ambito delle procedure per la concessione di 'fondi sisma' per ricostruzione di immobili danneggiati dal terremoto del 2012 in provincia di Mantova.

Come funzionava

L'operazione Sisma dei carabinieri di Mantova ha dimostrato «la rinnovata influenza» della cosca Dragone, nell'area mantovana-reggiana. Al centro dell'indagine 'Sisma' il nipote di uno storico boss cutrese, pubblico ufficiale con la carica di tecnico istruttore nei comuni compresi nel cosiddetto «cratere sismico» della provincia di Mantova (Poggio Rusco, Borgo Mantovano, Magnacavallo, Sermide e Felonica) incaricato di istruttorie, di verifica, di rendicontazione e di autorizzazione ai pagamenti dei contributi a fondo perduto stanziati da Regione Lombardia per gli immobili danneggiati dal terremoto del 2012. Gli imprenditori, così come i beneficiari dei finanziamenti, si sarebbero rapportati con il tecnico secondo uno schema collaudato: la corresponsione di somme (in genere pari a circa il 3% del contributo) per garantirsi la trattazione della propria pratica in violazione dell'ordine cronologico e con aumenti dell'importo del contributo pubblico a fondo perduto (in un caso a 950.000 euro anziché 595.000 come originariamente stabilito). La concussione prevedeva che il contributo pubblico fosse elargito ai richiedenti solo a condizione che affidassero i lavori di ricostruzione a delle società facenti capo al tecnico istruttore e al padre di questi. Le società, che di fatto sarebbero state gestite dal padre del pubblico ufficiale, erano intestate a prestanomi per evitare il diniego di iscrizione nella white list. Sono in tutto 9 gli indagati raggiunti dall'ordinanza di custodia cautelare (uno ancora ricercato), di cui 4 in carcere e 5 agli arresti domiciliari, fra cui architetti e ingegneri, imprenditori e personale di banche.

Pubblico ufficiale colluso

Il tecnico incaricato delle pratiche per la concessione dei fondi per la ricostruzione del post terremoto del 2012 nel Mantovano e nel Reggiano,  parlando con gli imprenditori spiegava che «io come ditta non posso lavorare nel sisma perché mio nonno era mafioso». «Io da sei anni son il Rup (Responsabile unico procedimento, ndr) di Poggio Rusco, Villa Poma, Magnacavallo e Sermide. Io sono chi realizza la pratica, chi realizza le ditte e chi fa l'ordinanza di concessione. Se ne prendi sessanta, settanta, grazie a un mio agire sei contento o no?».

Metodo mafioso

Per il gip che ha disposto gli arresti per le presunte concussioni e corruzioni nella ricostruzione di edifici lesionati nel Mantovano dal terremoto del 2012 con l'aggravante delle finalità mafiose «nessun dubbio può nutrirsi - sulla scorta delle indagini dei carabinieri di Mantova, coordinati dalla Dda di Brescia - circa l'attualità dell'impiego del metodo mafioso da parte della consorteria e più in particolare della sua propaggine attiva nel territorio reggiano-mantovano». L'architetto Giuseppe Todaro, spalleggiato dal padre Raffaele, durante i coloqui registrati dagli investigatori, «rivendica orgogliosamente la propria posizione derivante dal proprio prestigio mafioso, sia la ricchezza nel frattempo accumulata dal suo nucleo familiare, non mancando di veicolare minacce, esplicitando la fama criminale e la capacità offensiva della cosca, secondo i classici sistemi mafiosi ogniqualvolta fosse necessario riaffermare la sua autorità». Nell'inchiesta un solo imprenditore ha esplicitato direttamente le accuse nei confronti dell'architetto legato alla cosca Dragone che manovrava per affidare i lavori in cambio di un 3% dell'appalto; un altro è stato inizialmente reticente per poi raccontare le pressioni avute da Todaro, gli altri, invece, traevano un vantaggio, tanto che sono accusati di corruzione.

 

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Il Gazzettino