'Ndrangheta, arrestato Paolo Pasimeni: 20 anni fa uccise e bruciò il padre

Paolo Pasimeni
PADOVA - Si vantava dei suoi preziosi contatti in Colombia, si procurava chili di droga e li smerciava sulla piazza di Padova. Era un uomo di fiducia dell’associazione...

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PADOVA - Si vantava dei suoi preziosi contatti in Colombia, si procurava chili di droga e li smerciava sulla piazza di Padova. Era un uomo di fiducia dell’associazione mafiosa, parlava direttamente col “grande capo” Mario Sergi e si occupava anche di tenere nascoste le armi. Nelle 57 pagine di ordinanza che hanno portato all’arresto 20 persone legate alla ‘Ndrangheta compare più volte, con queste accuse, il nome di Paolo Pasimeni. E non è un nome qualunque. Padovano, 42 anni, una vita sciagurata. 

L’11 febbraio 2001, quando aveva appena 23 anni, Pasimeni uccise il padre Luigi, docente universitario di Chimica, e diede fuoco al corpo nel laboratorio di via Marzolo a Padova. Un delitto terribile, consumato prima con calci e pugni e poi col manico dello spazzolone spaccato in testa. Il padre lo rimproverò per aver falsificato due voti d’esame, lui lo ammazzò. Fu condannato a 13 anni. 
Libero dal 2009 grazie agli sconti di pena, lo scorso dicembre è stato arrestato dai carabinieri dopo il ritrovamento, in un cassetto dell’ufficio della ditta dove lavorava, di una pistola con matricola abrasa accompagnata da 52 proiettili. «Quell’arma non è mia. L’ho trovata all’interno del cassetto del mio ufficio», si difese lui. Liberato alla vigilia di Natale, da quel giorno Pasimeni era ai domiciliari nella sua casa alle porte del centro. Proprio qui ieri mattina alle 4 gli uomini della Squadra Mobile di Padova sono andati ad arrestarlo per poi condurlo al carcere di Verona. 
È accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e l’ordinanza ricostruisce il suo ruolo nell’organizzazione: «Intrattiene con la ‘ndrina di Bolzano un rapporto effettivo e duraturo, potendo la stessa contare continuativamente sulla sua disponibilità. Uomo di fiducia dell’organizzazione, che può stabilmente contare sul suo contributo pur senza che esso sia stato “battezzato”. Spacciatore al dettaglio sulla piazza patavina, funge da collegamento tra la ‘ndrina di Bolzano e le sue diramazioni in Veneto. Detiene le armi per conto della consorteria bolzanina e coadiuva Mario Sergi nell’organizzazione del narcotraffico dalla Calabria verso il Nord».
Nel fascicolo ci sono anche diverse intercettazioni tra Pasimeni e lo stesso Sergi. Parlano di «quella gialla» e si riferiscono alla droga. Citano «le bottiglie di Amaro del Capo» e in realtà si accordano sulle armi. Pasimeni assicura anche di aver agganci con «quelli che hanno in mano il porto, il porto di Gioia Tauro». I due sono intercettati anche mentre parlano di un gruppo di malviventi albanesi e di come sono bravi a tagliare la sostanza. Parlano di tutto, senza sapere di essere ascoltati. 

Da quella fredda domenica pomeriggio del 2001 ad una notte di fine primavera di 19 anni dopo. Dall’omicidio all’arresto per mafia: è la parabola di un uomo finito per la terza volta dietro le sbarre. «Ho solo la notifica della questura di Padova - spiega il suo legale, Annamaria Marin -, attendo di vedere il provvedimento». 
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Il Gazzettino