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CONEGLIANO - Tragico naufragio al largo del porto di Trieste: la barca di Vittorio e Stephan Verongalli non è affondata a causa di un danno strutturale. La chiglia infatti è intatta. Ma il vento e il mare grosso hanno spinto il natante verso i cavi di acciaio degli allevamenti di mitili che le eliche dell’imbarcazione hanno agganciato provocando il rovesciamento. È stata recuperata solo ieri, a causa del forte vento di bora, la barca dei due coneglianesi che hanno perso la vita lo scorso 8 novembre al largo delle coste di Monfalcone. Dalle immagini il natante risulta integro in tutte le sue parti. Segno che il ribaltamento non è avvenuto a causa di un danno strutturale.
I CONTROLLI
Quando i vigili del fuoco l’hanno riportata in porto hanno voluto issare il natante per capire quale tipo di danni avesse subito.
LA RICOSTRUZIONE
Né il padre né il figlio sono stati ritrovati con i giubbotti di salvataggio. Da questo gli inquirenti concludono che gli uomini, a causa del freddo e del vento, stessero timonando il natante dall’interno. Probabilmente il figlio, che in quel momento era al timone, è rimasto incastrato all’interno della barca mentre il padre forse è riuscito a uscire, o forse trovandosi in prossimità dell’esterno è stato sbalzato fuori nell’urto. In base a questi assunti verrà chiusa la perizia resa possibile dal ritrovamento del natante. E, contestualmente del corpo del 52enne di Conegliano Stephan Verongalli, trovato dopo tre giorni dopo il naufragio. Il corpo era ancora nella barca, rimasta incastrata a mezz’acqua tra i filari di un allevamento di cozze, al largo di Duino. Il natante era stato individuato dai vigili del fuoco grazie a un sonar messo a disposizione dall’Ogs. Ieri il recupero del mezzo e i nuovi rilievi che stanno dando ulteriori elementi all’accertamento delle cause che hanno provocato la morte di Vittorio e Stephan Verongalli.
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Il Gazzettino