TREBASELEGHE - Non se la sente di affrontare il processo. Preferisce uscire subito di scena il naturopata che ha curato oltre trecento malati di cancro. Adriano Buranello,...
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Buranello incontrava le persone anche di sera nelle parrocchie per assicurarle che il tumore non è una malattia, ma una perdita di consapevolezza di sè. Le visite costavano dagli ottanta ai cento euro: il naturopata prescriveva cure a base di fiori di Bach e sciroppi alle erbe che avrebbero dovuto contrastare la malattia.
Era stato il caso di una quarantenne padovana, che aveva abbandonato la chemioterapia per farsi assistere dal naturopata, a far scattare le indagini del Nas. La poveretta non ha resistito fino al processo. È deceduta un paio di mesi fa. Gli investigatori avevano accertato che, a parte una scuola di naturopatia, frequentata di sera in tarda età, Buranello non aveva nessuna competenza in medicina. Nello studio di Pove di Grappa i militari del Nucleo antisofisticazione avevano poi sequestrato un computer con tutte le schede dei pazienti del naturopata. Un archivio preciso e puntuale in cui la pubblica accusa ha trovato i riscontri dell’attività svolta dal naturopata. Gli uomini del Nas avevano poi ripercorso anche la strada delle sue conferenze, in giro per il Veneto, sul tema della "Guarigione naturale". Buranello sosteneva che sarebbe la caduta dell’autostima a generare la leucemia. Principi bizzarri che avrebbero permesso al naturopata di sviluppare un redditizio giro d’affari. In particolare nelle parrocchie, dove riceveva la clientela sfuggendo a ogni tipo di controllo. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino