Musile. L'ultimo saluto a Mattia, l'alpino 24enne morto a Jesolo. Il padre: «Avevi un cuore grandissimo, sei diventato un uomo migliore di me»

L'ingresso in chiesa della bara di Mattia. Sul feretro rose bianche e la Penna nera degli alpini.
MUSILE (VENEZIA) - «Mattia aveva un cuore grande». Il papà Mauro con grande forza d'animo ha ricordato il proprio figlio durante il funerale,...

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MUSILE (VENEZIA) - «Mattia aveva un cuore grande». Il papà Mauro con grande forza d'animo ha ricordato il proprio figlio durante il funerale, interrotto più volte dagli applausi. Tanti hanno voluto esserci all'ultimo saluto al giovane Mattia Pavanetto, 24 anni, morto domenica scorsa in un incidente stradale. In tanti ieri pomeriggio affollavano il sagrato e le strade che portano alla piccola chiesa di Croce. «Mio figlio aveva molte doti - ha spiegato il papà - quella che gli riconosco di più è che aveva un cuore enorme, non l'ho mai visto portare rancore, sapeva perdonare. Sotto questo aspetto è diventato un uomo migliore di me, sono orgoglioso».

Un pensiero è andato ai familiari di Tommaso Cattai, l'amico anche lui vittima dell'incidente mortale. «Ci stringiamo al loro dolore - ha continuato il papà - e l'altra persona coinvolta nell'incidente spero possa recuperare. Oggi ci sono tantissimi ragazzi a cui dico: prendetevi cura di voi stessi, vivete la giovinezza con consapevolezza, avete diritto a un futuro. Ringrazio il mio staff (dell'hotel, ndr): alcuni mio figlio lo hanno visto crescere, in questi giorni hanno lavorato facendo vedere il sorriso, ma con la morte nel cuore. Mattia in questi mesi ha vissuto in modo sereno ed è maturato facendo parte della grande famiglia degli Alpini».

Lo scorso anno, infatti, era entrato nel corpo delle penne nere, faceva parte del secondo reggimento del genio guastatori, di cui ieri era presenti i commilitoni guidati dal colonnello Michele Quarto. «Eri il primo ad alzarti - ha ricordato Matteo Vesca di Udine, che condivideva con lui la stanza nella caserma di Trento - riuscivi a rendere la nostra giornata più allegra e anche quanto non era delle migliori ci aiutavi a risolvere i problemi. Ti ricorderemo come un grande militare, un fratello maggiore, pronto ad aiutare il prossimo».

«Era estroverso, leale, professionale, fiero di quello che faceva - la lettera del cappellano del reggimento - ma un alpino non muore, noi diciamo: è andato avanti. Non ti diciamo addio ma ciao». Ad officiare il rito funebre sono stati il parroco don Otello Bisetto, don Samuele Facci di San Donà e don Roberto Nardin benedettino olivetano, amico della famiglia. A salutare la bara bianca con sopra il cappello da Alpino il picchetto dei compagni d'arma e dei volontari della sezione Alpini di San Donà e di Venezia. In chiesa e all'uscita non sono mancate le commoventi testimonianze di amici, della fidanzata, con palloncini bianchi lasciati volare in cielo durante l'ultimo saluto.

Tra i presenti anche gli iscritti all'Anarti, e i sindaci della zona: Alberto Teso di San Donà, Silvia Susanna accompagnata degli assessori Claudio Pivetta e Luciano Carpenedo; Christofer De Zotti sindaco di Jesolo, con l'assessore Alberto Maschio, il presidente del consiglio comunale Lucas Pavanetto, numerosi albergatori e referenti di Confcommercio colleghi del papà.

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Il Gazzettino