Emozioni al museo Moser: la bicicletta (e il vino) secondo Francesco

Il museo Moser
TRENTO  - Si fa presto a dire "museo della bicicletta", ma è tutto quello che ci sta intorno e che ruota sui saliscendi del Maso Warth ad affascinare oltre...

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TRENTO  - Si fa presto a dire "museo della bicicletta", ma è tutto quello che ci sta intorno e che ruota sui saliscendi del Maso Warth ad affascinare oltre l'immaginabile. E che resta scolpito nel cuore ancor prima che nella memoria di appassionati delle due ruote e dunque anche di quell'inimitabile mito del ciclismo che è Francesco Moser.  

La telefonata 

Partiamo dalla fine per dare l'idea delle emozioni che la visita ha scatenato: la giornata del quartetto di giornalisti "nordestini doc" termina con una telefonata del padrone di casa, il ciclista italiano più vincente della storia, lo "sceriffo" Checco Moser, allo sciatore italiano più vincente della storia: Albertone Tomba. Battute e ciacole fra amici: "Non ti ho visto alla 3Tre di Campiglio, io ero con Gustavo (Thoeni, ndr) e ti aspettavamo" - "Sì, Checco, lo sai, sono sempre in giro...". E arrivano anche i saluti dell'uomo che ha creato il "Fenomeno Tomba, la Bomba", il trevigiano Andrea Vidotti, manager dei campioni. Ed è lui che svela ad Albertone come a casa Moser si stia sorseggiando il più classico dei "bicchieri della staffa": una delizia trentina, la Grappa di Moscato, ma solo dopo aver sciabolato e bevuto il mitico "51,151". L'invidia del 56enne fuoriclasse dello sci - peraltro grandisssimo intenditore di vini - traspare anche a distanza.

La location

Il Maso Villa Warth è uno spettacolare borgo enoico sopra Gardolo di Trento, immerso nei vitigni che si estendono a perdita d'occhio e una vista mozzafiato sull'intera valle con di fronte il monte Bondone appena spruzzato di neve e dando le spalle alla Val di Cembra. In un limpido giovedì di metà gennaio visitare questo gioiello trentino con il campione che fa da Cicerone è il massimo che si possa pretendere. E il vino, pur eccelso in tutte le sue declinazioni (spumanti, bianchi e rossi), non è il vero gioiello del borgo. La cantina è per così dire "la pancia del Maso", ma le emozioni esplodono e si rincorrono pochi metri sopra, nel museo Moser, il cuore pulsante del Maso. Accanto alla sala degustazioni, nel salone allestito con classe ed eleganza, sono esposte le biciclette d’epoca, gli accessori, le medaglie, i cimeli e i trofei che hanno segnato la storia degli ultimi 50 anni del ciclismo italiano e della carriera di Francesco. Tra tanti gioielli campeggiano la bici del Record dell’Ora, la Maglia Rosa del Giro d’Italia e la pietra di Roubaix.

Il Museo 

Come confermano i grandi "passisti moseriani" quello del Maso Warth non è un monumento alla grandeur, ma una grande storia di famiglia peraltro arricchita da rassegne stampa che ricordano le imprese, ritagli conservati e rilegati con cura dopo la certosina raccolta fatta da edicolanti amici di Checco: «Il Museo è pensato ed allestito per gli sportivi, per la gente e per gli appassionati - conferma il Campione - Chi ha seguito la mia carriera e ama il ciclismo mi fa mille domande: qui ci sono risposte. La maglia rosa è il ricordo più caro visto che ho inseguito la vittoria al Giro per ben 11 anni pri­ma di vincerlo. La pietra della Roubaix? Sì anche quello un gran bel ricordo, ma me la diedero solo dopo la terza vittoria, prima non esisteva» ride.

Le biciclette sono allineate su una pista di legno d’abete lunga 16 metri. Tutt'attorno le bacheche contengono maglie, trofei e medaglie. Le coppe scintillano nelle vetrine e dietro ognuna di loro c'è una storia che Moser non si risparmia di raccontare con una memoria che è pari soltanto alla sua classe. E dire "grazie Francesco" appare davvero  riduttivo, molto meglio un "Arrivederci a presto". 

 

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Il Gazzettino