Murano. Agnese, 28 anni, è la prima vetraia veneziana donna: «Soffiare il vetro richiede forza, caparbietà e disciplina»

Murano. Agnese, 28 anni, è la prima vetraia veneziana donna: «Soffiare il vetro richiede forza, caparbietà e disciplina»
VENEZIA - Agnese Tegon è la prima donna veneziana allo scagno di Murano, la fatica non la spaventa, grazie alla provenienza da ex atleta. Del resto, soffiare vetro richiede...

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VENEZIA - Agnese Tegon è la prima donna veneziana allo scagno di Murano, la fatica non la spaventa, grazie alla provenienza da ex atleta. Del resto, soffiare vetro richiede forza, caparbietà e disciplina, valori che il salto triplo le ha trasmesso. Nella vita non aveva mai pensato di lavorare nel settore del vetro artistico, poi però, tassello su tassello, il suo mosaico si è composto, grazie anche agli stimoli forniti dal maestro Giancarlo Signoretto. «Ho iniziato a lavorare otto anni fa con il maestro Signoretto, da luglio 2020, in piena pandemia, noi matti abbiamo aperto una fornace nostra. Una scelta difficile, della quale siamo contenti, anche perché io non volevo andare all'estero».

​Agnese è la prima donna vetraia veneziana

A 28 anni la sfida più grande è quella di arrivare, un giorno, ad essere qualcuno, partendo dal basso con umiltà: «Non sono una maestra, forse lo sarò tra vent'anni, per ora sono una brava aiutante». Tutto è partito dagli studi, dove qualche sprazzo di creatività era emerso: «Non ho familiari che abbiano fatto in passato questo mestiere, ho frequentato l'istituto d'arte, indirizzo vetro, poi ho partecipato a due premi Murano e due disegni sono stati realizzati. Ad una premiazione, mia madre ha chiesto se una ragazza potesse lavorare in una fornace, la risposta fu perché no. Prima di allora non avevo mai manifestato interesse per questo lavoro, mi piaceva però disegnare e speravo di poterli portare all'attenzione di qualcuno, non avrei mai pensato di realizzare da me i miei pezzi». A Tegon non manca la forza per andare avanti, anche se culturalmente il vetro di Murano, forse a causa della fatica, è sempre stata vista come un'attività maschile: «Per una donna non è un settore semplice, ora però più di qualcuno mi cerca per le poche cose che so fare, visto che quelle le faccio bene».

Il rovescio della medaglia è che la sera si sente il peso della giornata: «È un lavoro molto duro, fisico, ci sono pezzi pesanti che arrivano fino a trenta chili, d'estate un forno può toccare i 70 gradi, ma se ti piace le cose le fai volentieri, la fatica la senti la sera, quando arrivi a casa. Devo dire grazie al mio maestro che mi ha saputo trasmettere la passione». Altra nota dolente è il caro-bollette: «Rispetto ad altri, riusciamo a farcela perché siamo in due, senza dipendenti, e ci occupiamo di tutto, dall'ufficio all'imballaggio. Speriamo che il peggio sia passato e che si possa andare avanti». In compenso c'è la gratificazione: «Da una massa informe riesci a tirar fuori un'opera d'arte, semplice o difficile è sempre una bella soddisfazione».
 

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Il Gazzettino