Rivoluzione a colori, a Padova la nuova mostra sul Futurismo

Rivoluzione a colori, a Padova la nuova mostra sul Futurismo
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PADOVA - A Padova scoppierà la rivoluzione al grido famoso di Zang Tumb Tumb come recita una poesia di Filippo Tommaso Marinetti. E nella città del Santo si presenterà attraverso i colori di Giovanni Segantini, le spiritualismo di Umberto Boccioni; il dinamismo di Giacomo Balla, di Mario Sironi o di Carlo Carrà. Un viaggio affascinante che toccherà il richiamo alla frenetica vita moderna con Fortunato Depero e Antonio Sant'Elia fino al toccare il tema sensibile della guerra per sbarazzarsi del vecchiume. Attualità e storia (non solo dell'arte) che si intrecciano ancora una volta.


LA MOSTRA
È stata presentata ieri a Palazzo Zabarella, a Padova, la nuova mostra allestita dalla Fondazione Bano dedicata al Futurismo, lungo un primo, breve, ma oltremodo denso, periodo storico: dal 1910 al 1915, dedicata sostanzialmente ai primi anni del movimento artistico. La mostra si terrà dal 1. ottobre al 26 febbraio 2023 attraverso un centinaio di opere provenienti da collezioni pubbliche e private. La scelta dell'arco cronologico è stata fatta dai curatori Fabio Benzi, Francesco Leoni, Fernando Mazzocca partendo dall'anno ufficiale di fondazione del movimento in ambito pittorico fino al 1915 quando si giunge alla pubblicazione del Manifesto della Ricostruzione futurista dell'Universo e l'ingresso in guerra del nostro Paese. Orario: dal martedì alla domenica, dalle 9.30 alle 19. Intero 15 euro; ridotto 12 euro, bambini gratis fino ai 5 anni. Visita guidata in italiano (120 euro).


IL PERCORSO
Ciò che verrà offerto al visitatore sarà, quindi, un percorso che parte dalle radici simboliste del movimento e i legami con l'arte Divisionista attraverso le opere di Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Giuseppe Pelizza da Volpedo accanto ai portabandiera più noti come Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Gino Severini, Carlo Carrà, Luigi Russolo e Mario Sironi. Un'indagine che toccherà quindi il senso di simultaneità che a poco a poco irretisce questi artisti chiamati alla rappresentazione del movimento e delle dinamiche sociali e intellettuali, con Gino Rossi, Gino Galli, Ardengo Soffici, Ottone Rosai, per transitare nei lavori ancora di Boccioni, Depero e Prampolini. Si tratterà di un viaggio, senz'altro non esaustivo, ma che renderà appieno lo sforzo culturale del tempo facendo compiere al visitatore quel itinerario di rottura che lo stesso Futurismo è stato fin dai primi anni di gestazioni e che ha poi profuso le sue idee nelle esperienze del Dadaismo, del Costruttivismo russo e, in generale, delle avanguardie europee del Novecento. «È partendo da questi presupposti tecnici - hanno detto ieri nella presentazione i curatori insieme al presidente Federico Bano - che il Futurismo si pone come chiave di rottura verso gli schemi del passato. Il Futurismo diventa così l'interprete di una vera rivoluzione artistica che vede quale ideale un'opera d'arte totale che supera i confini troppo angusti del quadro e delle scultura per coinvolgere tutti i sensi facendo di massimo contrasto cromatico, simultaneità e compenetrazione i suoi tratti salienti».


IL MESSAGGIO


Sarà così l'occasione anche per una riflessione non solo artistica per un periodo solforoso della storia europea attraverso le opere e il sentire del tempo. «In questo senso il Futurismo - hanno detto i curatori - fu il primo movimento a concepire in modo organico e totale un'arte anti-naturalistica in grado di affrontare, affondando contemporaneamente e consapevolmente in un mondo di forze dell'uomo e del mondo». Un'operazione complessa che va a braccetto (e ne anticipa i criteri) con il Cubismo di Picasso e Braque; lo spiritualismo di Kandinskij, l'incoscio di Klee, il geometrismo russo e di Mondrian. Una sfida non facile, frutto di un periodo storico che, nella mostra prevista a Palazzo Zabarella, non va oltre alla data dell'entrata in guerra dell'Italia. Come a voler mettere in luce solo il periodo più sociale (o socialista?) del movimento tralasciando di fatto quella dinamicità che poi portò alcuni di questi artisti (non tutti ovviamente) verso altri lidi politici. Ma questa (forse) è tutta un'altra storia.
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Il Gazzettino