GRADISCA D'ISONZO (Gorizia) - Ci sono periodi storici in cui il vento del cambiamento ha soffiato così forte da renderli indelebili nella memoria collettiva;...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Quando si poteva esprimere apertamente la propria opinione
«In pochi mesi, grazie alla Perestrojka, tutto ciò che era sovietico divenne di moda a livello globale - ricorda nel catalogo della mostra Yuliya Lebedeva, critica e storica dell’arte, curatrice del Museum Other Art nella State University for the Humanities di Mosca. La Glasnost annunciata da Mikhail Gorbaciov alimentava la speranza che si potesse non sussurrare ma esprimere apertamente la propria opinione. Misteriosi vocaboli russi come Perestrojka e Glasnost risuonarono in tutti gli angoli della terra. Gli stessi simboli pomposi del regime, che fino a poco prima suscitavano solo una stanca irritazione, associati al rinnovamento conobbero un’autentica rinascita, e si trasformarono in souvenir».
Repertori fantascientifici
Tra le opere ce ne sono anche alcune del periodo pre perestrojka, dal 1983, e post perestrojka, fino al 1999. «Alle opere di Shabalin, pervase da un surrealismo grottesco sfociato poi in un repertorio fantascientifico che asciuga le figure in fossili - scrive la critica d’arte Arianna Di Genova - si giustappongono quelle di Kalcenko, in cui strutture organiche alla Arp si disfano entrando in contatto con l’atmosfera. O ancora, quelle di Cernik, che sviluppa le amebe di Tanguy in presenze aliene vagamente somiglianti ai reperti etruschi o micenei, in un esistenzialismo arcaico».
In trasparenza le icone della tradizione russa
«Dietro le opere di Olimpiuk, ci sono in trasparenza le icone della tradizione russa: si sono contaminate con le concrezioni delle muffe e accolgono apparizioni che scartano dal sacro per inoltrarsi sui sentieri del profano, mentre per Barannik la ieraticità di un tempo è sconfitta dalle tessiture della materia che vela e imbozzola nuove realtà. Bocharov e Belikova invece attingono alla naïveté delle fiabe e leggende popolari per introdurre personaggi onirici. E se Etenko galoppa con le sue ruote nei dinamismi del Futurismo, sciogliendo il soggetto in linee e colori, a fermare quella fuga ci pensa Manuilov con i suoi oggetti strettamente ancorati alla realtà, in eterna metamorfosi con l’architettura». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino