Premio Bresson a Pupi Avati: «Ora punto su Pozzetto come attore drammatico»

Pupi Avati
VENEZIA - È un momento di commozione quello in cui Pupi Avati riceve al Lido il Premio Bresson, lo storico riconoscimento assegnato dall'Ente dello Spettacolo ai...

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VENEZIA - È un momento di commozione quello in cui Pupi Avati riceve al Lido il Premio Bresson, lo storico riconoscimento assegnato dall'Ente dello Spettacolo ai maestri del cinema, alla presenza di Monsignor Davide Milani, Roberto Cicutto, Alberto Barbera. «Questo premio ha per me un grande significato», spiega il regista 81enne, «sono venuto nove volte alla Mostra in concorso con i miei film e non ho mai vinto nulla se non un riconoscimento speciale per Noi tre nel lontano 1984...inoltre mi riempie di orgoglio essere accostato al grande Robert Bresson». Perché? «È stato uno degli autori più alternativi della storia, ha espresso un approccio al cinema al di fuori dei canoni e delle mode. Nei suoi film ha voluto mostrare ciò che la realtà non mostra con una particolare attenzione alla sacralità dell'essere umano, alla sua ricerca incessante della felicità. È un po' quello che cerco di fare anch'io nel mio lavoro». 

CONTROCORRENTE
Anche Avati si considera controcorrente? «Direi proprio di sì, se non altro perché nel mio nuovo film Lei mi parla ancora ho deciso di puntare su Renato Pozzetto in versione drammatica rinunciando agli esponenti del classico star system», risponde il regista, sbarcato a Venezia dopo aver lasciato per poche ore Ferrara dove sta girando Lei mi parla ancora, il film ispirato all'omonimo libro di Giuseppe Sgarbi, padre di Vittorio ed Elisabetta. «È la prima volta che mi ispiro a un'opera letteraria altrui», spiega il regista, «mi ha colpito l'età dello scrittore, il novantenne Giuseppe Sgarbi, e il racconto del suo matrimonio lungo 65 anni». 
IL PROGETTO

E il progetto su Dante Alighieri che doveva essere interpretato da Al Pacino? «La pandemia ha interrotto le trattative con il divo americano», rivela Avati. «Per fortuna ho scritturato Sergio Castellitto. Ma ora sono preoccupato perché il MiBact non ha ancora sbloccato i fondi mentre il film dovrebbe essere pronto per il settembre 2021 in cui si celebreranno i 700 anni della morte del Poeta». Durante il lockdown il regista ha scritto un nuovo libro, seguito del Signor Diavolo da cui ha ricavato un irresistibile film. E ha dovuto affrontare con comprensibile trepidazione la malattia del figlio che a Londra è stato colpito, con tutta la famiglia, dal Covid-19 da cui è però perfettamente guarito. «L'isolamento è stato un periodo terribile di grande sofferenza, ma anche terapeutico: mi ha dato la consapevolezza della nostra fragilità e al tempo stesso mi ha fatto scoprire l'enorme forza di mia moglie. Come tutte le donne, possiede una marcia in più». 
Gl. S. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino