Storie di biciclette, manifesti e campioni, Treviso monta in sella: mostra al Salce

Storie di biciclette, manifesti e campioni, Treviso monta in sella: mostra al Salce
«Traverso le viti di una bicicletta si può anche scrivere la storia dell'Italia», diceva lo scrittore e giornalista sportivo Gianni Brera. Aveva ragione. Se...

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«Traverso le viti di una bicicletta si può anche scrivere la storia dell'Italia», diceva lo scrittore e giornalista sportivo Gianni Brera. Aveva ragione. Se si scrivesse la storia del nostro Paese attraverso le tappe dello sport, la bicicletta avrebbe certamente un ruolo di rilievo. Da invenzione per pochi a mezzo per tutti, ha accompagnato il nascere di una nuova industria e promosso nuove forme di turismo, di socialità e di libertà. È cambiata, si è trasformata, ma non è mai passata di moda. Proprio con questo obiettivo, nasce la mostra Ruota a ruota. Storie di biciclette, manifesti e campioni, inaugurata ieri a Treviso, nella nuova sede Santa Margherita del Museo Salce, promossa dai Musei Veneti, diretta da Daniela Ferrara. Una data non a caso quella dell'apertura: ieri Treviso ha ospitato l'arrivo della 18esima tappa del Giro d'Italia che giungeva da Borgo Valsugana.


IL PERCORSO
La mostra racconta la grande epopea della bicicletta percorrendo tutto il Novecento fino ai giorni nostri, attraverso i preziosi manifesti del Salce, la più ampia raccolta di grafica pubblicitaria in Italia. L'esposizione, a cura di Elisabetta Pasqualin (consulenza storica Antonella Stelitano), da un'idea di Chiara Matteazzi, racconta la storia della bicicletta attraverso le affichès firmate da grandi artisti della storia dell'illustrazione come Dudovich, Mazza, Malerba, Ballerio, Villa, Alberto Martini, Codognato e Boccasile. «Con questa nuova proposta, il Museo Salce si conferma una fucina di iniziative in cui l'arte, attraverso la comunicazione pubblicitaria, diventa uno specchio delle trasformazioni culturali e di costume della società», ha detto Daniele Ferrara. Il percorso espositivo di divide in due sezioni: da una parte lo sport e l'agonismo, con le biciclette della collezione Pinarello che hanno segnato alcuni momenti magici del ciclismo degli ultimi cinquant'anni; dall'altra gli aspetti sociali: le donne, il costume, i viaggi, il turismo. Al piano terra trova spazio una sezione dedicata alla società e alla socialità, che abbraccia un arco temporale che va dalla fine dell'Ottocento agli anni Quaranta del Novecento. Sono rappresentate anche le prime industrie straniere, come Townend Cycles (1896), Rambler Bicycles (1900) oltre a quelle italiane, come Maino e Stucchi.


LA VISITA
La terrazza, al secondo piano del complesso, ospita la sezione dedicata allo sport con i manifesti che abbracciano un periodo che va dagli inizi del Novecento al 1955 e che illustrano la nascita delle principali industrie come la Cicli Maino, con Costante Girardengo; Torpedo con Alfredo Binda e Georges Ronsse, Olympia, Atala con Ganna, Pavesi e Galletti, poi Piave, Prinetti e Stucchi, Bianchi con Gaetano Belloni e la Menon di Roncade. Una parte è dedicata ai manifesti delle gare ciclistiche locali e nazionali come la cartina del Giro d'Italia (1922) con le immagini dei più grandi ciclisti e al film omaggio a Fiorenzo Magni vincitore del Giro nel '51. Dopo i manifesti si possono ammirare quindici biciclette della collezione privata Pinarello che hanno portato alla vittoria campioni in tutte le grandi classiche del ciclismo mondiale.


PINARELLO & DINTORNI


C'è la storica bicicletta dell'azienda veneziana Bottecchia, con cui, nel 1951, Giovanni Nani Pinarello vinse l'ambita Maglia Nera del 34esimo Giro d'Italia. L'ultima bici di Nani Pinarello, prima di fondare l'omonima azienda trevigiana. In mostra anche la Pinarello Espada di Miguel Indurain del 1994, da cui inizi un sodalizio che portò atleta e azienda nell'olimpo del ciclismo. Indurain con la sua fedele e veloce due ruote, vinse due volte il Giro, quattro volte il Tour de France e la medaglia d'oro a cronometro alle Olimpiadi di Atlanta e il mondiale a cronometro. «I campioni impegnanti al Giro d'Italia non avranno il tempo per tuffarsi nella storia della loro professione e passione», dichiara Elisabetta Pasqualin. «Se lo potessero fare troverebbero in mostra, oltre alle bici Pinarello che hanno fatto la storia e i manifesti di passate edizioni del Giro, anche affichès storiche che rinviano alla nascita della bicicletta, quando non era uno strumento sportivo ma uno potentissimo volàno di promozione sociale. Osserverebbero come grazie alle due ruote sia nato un turismo in sella oggi popolarissimo, soprattutto qui nella Marca».

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Il Gazzettino