Una rete da 100 metri per catturare le seppie sulle paratoie del Mose

I sommozzatori della Guardia di Finanza alla bocca di porto di Treporti
VENEZIA - Stavolta i pescatori erano a casa e non hanno intralciato le operazioni dei sollevamenti del Mose come avvenuto in ottobre dell’anno scorso, quando la...

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VENEZIA - Stavolta i pescatori erano a casa e non hanno intralciato le operazioni dei sollevamenti del Mose come avvenuto in ottobre dell’anno scorso, quando la movimentazione era stata sospesa per l’immersione a sorpresa di due subacquei che avevano deciso di fare una battuta di pesca dei branzini a Treporti proprio nel giorno in cui le paratoie si sarebbero alzate.


Difficile risalire all’identità di chi ha calato la rete da posta di circa 100 metri, un cosiddetto “cogòlo”, di cui il mare in questo periodo è pieno per la cattura delle seppie, che in primavera si avvicinano a riva per deporre le uova. E così ieri mattina alla Capitaneria di Porto non è rimasto che “smagliare” la rete, priva di segnalazione regolamentare e quindi anonima, posta in zona vietata che ostruiva il bacino di evoluzione del porto rifugio di Cavallino, «impedendo le manovre in sicurezza ed arrecando significativo pericolo». Le seppie catturate sono state liberate. 
In effetti ieri per il Mose era una giornata particolare, e la presenza delle forze dell’ordine a Punta Sabbioni era massiccia.
A Treporti era attesa la visita della Guardia di Finanza, per ordine della Procura regionale della Corte dei Conti: obiettivo quello di valutare lo stato di salute delle paratoie della schiera più a est. La prima ad essere affondata nel 2013, e mai più toccata nonostante la manutenzione fosse prevista inizialmente ogni cinque anni. In particolare l’indagine vuole accertare lo stato delle cerniere femmina, al centro di un’inchiesta della magistratura contabile in seguito anche alle segnalazioni di due consulenti del Provveditorato alle Opere pubbliche, Susanna Ramundo e Gian Maria Paolucci, che si erano dimessi per protestare contro la fase di stallo nonostante la denuncia di utilizzo di materiali diversi e meno pregiati rispetto a quelli previsti per la loro realizzazione.
Il nucleo specializzato dei sommozzatori della Guardia di Finanza, una decina di persone, è arrivata a bordo di un gommone, supportata da un motopontone della Nautilus, e verso le 11.30 due subacquei militari si sono immersi con le paratoie sollevate verso Punta Sabbioni, armati di attrezzatura da ripresa professionale. Una ispezione che è durata poco meno di un’ora, in cui è stata acquisita documentazione videofotografica in particolare sulla parte delle cerniere visibili solo con le paratoie sollevate. Ma tenendo conto che l’acqua, che comunque filtra anche con le barriere su, crea anche un turbinio dei sedimenti, che limitano talvolta in parte la visibilità. 
Al termine della ricognizione, solo esterna, è stato stilato un verbale, cui saranno allegate le riprese. Pare che la vernice antivegetativa, di cui le paratoie sono rivestite, sia ancora in buono stato, considerando il fatto che da otto anni sono sotto acqua. In base a queste riprese si capirà se il sopralluogo è stato sufficiente per rispondere al tema posto dall’inchiesta o se saranno necessari ulteriori approfondimenti. In effetti la difficoltà dell’indagine sta nel fatto che l’operazione viene effettuata in acqua e non in un ambiente asettico.

Nell’occasione, ieri si sono svolti dei test funzionali, normalmente periodici, in contemporanea a tutte le bocche di porto: le operazioni sono iniziate alle 9 per concludersi verso mezzogiorno.

 

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Il Gazzettino