Mose, è scontro sui tempi. «Sarà pronto per il 2021? C'è una possibilità»

Le dighe del Mose a San Nicolò al Lido
VENEZIA - Quando hanno letto il Gazzettino, ieri mattina, alcuni esponenti del governo nazionale hanno fatto un salto sulla sedia. La dichiarazione del provveditore alle opere...

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VENEZIA - Quando hanno letto il Gazzettino, ieri mattina, alcuni esponenti del governo nazionale hanno fatto un salto sulla sedia. La dichiarazione del provveditore alle opere pubbliche del Triveneto, Cinzia Zincone, secondo cui la data del 31 dicembre 2021 come fine dei lavori del Mose è una «forzatura», ha suscitato molti interrogativi e perplessità. Su quella data si è giocato il premier Conte in persona, con tutto il Governo, davanti a una Venezia in ginocchio per l’aqua granda del 12 novembre. Per questo da Roma sono partite subito alcune telefonate al provveditore a Venezia. Inizialmente le è stata chiesta una smentita, ma il provveditore ha confermato le sue dichiarazioni, sottolineando quella in cui si dice fiduciosa su quanto potrà fare il commissario Spitz per accelerare i tempi, ribadendo tutto il suo impegno. Un chiarimento che, alla fine, ha soddisfatto gli ambienti governativi. «Il provveditore alle opere pubbliche del Triveneto mi ha confermato che per la fine del 2021 l’opera potrà essere consegnata» ha scritto, in una nota il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed esponente di punta veneziano nel governo, Andrea Martella.


Provveditore, dunque, alla fine del prossimo anno l’opera potrà o sarà consegnata?
«La realtà è che alcune scadenze intermedie, rispetto al cronoprogramma che si chiude a fine 2021, non sono state rispettate. In compenso alcune attività proprie dell’avviamento sono state anticipate. Ora, con la nomina del commissario sblocca cantieri, Elisabetta Spitz, persona capace, se riusciremo a comprimere i tempi dell’avviamento, ce la possiamo fare».

Cosa significa comprimere i tempi dell’avviamento?
«Inizialmente per l’avviamento avevamo previsto tre anni pieni, dal momento in cui il Mose poteva essere azionato nella sua totalità. Erano stati scelti tre anni per incrociare un numero significativo di eventi meteo marini avversi, sufficienti ad effettuare delle prove vere, rispetto allo scopo del sistema di difesa dalle acque alte eccezionali. Non come i sollevamenti fatti finora, che hanno funzionato, ma che sono prove di funzionamento rispetto alla macchina, non allo scopo. In tre anni, poi, si sarebbe potuto testare anche un ciclo di manutenzione».

Da contratto i tre anni dovevano essere il 19, 20 e 21. Ora rischiano di dimezzarsi. Non c’è un rischio tecnico in questo?
«L’unico rischio è che in questo anno e mezzo non ci sia mai acqua alta. Ma visto come è andata negli ultimi anni, è verosimile che riusciremo ad alzare il Mose a sufficienza. Prima sarebbe stato molto difficile. Ma con la nomina di un commissario straordinario si può fare».

Perché prima era così difficile?
«Gli strumenti di pressione del mio predecessore sul Consorzio Venezia Nuova per accelerare i tempi erano limitati. Serviva un intervento forte, come quello della legge sblocca cantieri, non a caso pensata anche per Venezia. Ora il commissario ha il potere di derogare alla legislazione sugli appalti che ha tempi lunghi. Un esempio è proprio quello delle prove di sollevamento delle paratoie. Questi test costano (solo quello dell’altro giorno, a San Nicolò, quasi 30mila euro, ndr.) e senza il commissario non sarebbero stati possibili. Fare le prove doveva far parte della realizzazione dell’opera, quindi il Provveditorato non poteva pagarli al Cvn. Ora il commissario ha l’autorità di anticipare le risorse per le prove. Questo rende teoricamente possibile che l’opera venga completata per il 2021.
Certo è un processo che va seguito attentamente, non ci possiamo permettere di perdere altre scadenze intermedie. Ma noi ci siamo, vigiliamo, a cominciare dalla politica che finalmente ha aperto gli occhi».

Da tecnici non sentite una pressione eccessiva da parte della politica?

«Affatto. Sentiamo l’attenzione della politica e questo ci dà una grande carica. La pressione ce la mettiamo da soli, ci teniamo a quest’opera, l’esigenza di finire è una priorità di tutti. Preferisco questa situazione al sentirsi ignorati. Per lungo tempo c’è stata una scarsa attenzione per il Mose. Basti pensare che per anni non ci sono stati Comitatoni, ne non quello del 2017, che riguardava le navi. Ora le cose sono cambiate. E se marciamo tutti verso l’obiettivo anche le scadenze si possono rispettare. Ce la dobbiamo fare».

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