Venezia. Mose, allarme caro prezzi: «Per terminarlo ci vogliono altri 200 milioni di euro»

Venezia. Mose, allarme caro prezzi: «Per terminarlo ci vogliono altri 200 milioni di euro»
VENEZIA - Dopo un anno di lavori a «scartamento ridotto», nel 2023 si «correrà», grazie ai finanziamenti assicurati ieri alle imprese del Mose. Ma...

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VENEZIA - Dopo un anno di lavori a «scartamento ridotto», nel 2023 si «correrà», grazie ai finanziamenti assicurati ieri alle imprese del Mose. Ma per completare i lavori, visto l'aumento dei prezzi, serviranno altri 150-200 milioni. Devis Rizzo, il presidente di Kostruttiva, consorziata del Cvn, fa il bilancio di un altro anno complicato per la grande opera.

Il 2022 doveva essere l'anno del rilancio dei cantieri. Perché non è andata così?
«A gennaio si firmava l'atto transattivo per far uscire il Cvn dalla crisi. Poi l'avvio dell'anno, è vero, non è stato all'insegna dello sprint. L'accordo doveva essere contestualizzato. E la produzione non ha avuto il passo sperato».

Ad oggi quanto è stato realizzato?
«Il Cvn chiuderà l'anno con una produzione di 50, 60 milioni. Un ordine di grandezza che risente di un anno di lavori a scartamento ridotto. Ma quell'atto oggi ci consente di andare avanti. Il piano di risanamento prevedeva una produzione più alta: 236 milioni. Andrà recuperata nel 2023».

Fattibile?
«Probabile: tra produzione da recuperare e da fare saremo sui 450 milioni. Ma alla luce di quello che ci è stato detto oggi (ieri, ndr) sono più fiducioso. Il commissario Spitz ci ha detto che c'è la disponibilità finanziaria. Questo consente di iniziare il 2023 con il carburante sufficiente per correre. Finora abbiamo passeggiato. Ora bisogna correre».

L'obiettivo di concludere le opere alle bocche di porto per fine 2023 è raggiungibile?
«Per noi imprese, come per tutti, il 2023 sarà l'anno decisivo. Se il 2021 è stato l'anno del fermo lavori e delle trattative estenuanti per uscire dalla crisi del Cvn, il 2022 è stato l'anno dell'accordo, così complesso, che ha comportato un riavvio a scartamento ridotto. Ma ora si chiude con un'iniezione di fiducia che fa ben sperare. Questo perché è stato fatto uno sforzo da parte di tutti i soggetti coinvolti. Se tutti gli ingranaggi girano per il verso giusto, gli obiettivi si raggiungono».

In questi anni, però, la governance del Mose è stata segnata da continue tensioni interne. Perché?
«Non ne conosco le ragioni. Certo queste tensioni tra poteri dello Stato, con compiti istituzionali, hanno portato guai che hanno impattato sul sistema. Se abbiamo impiegato un anno per rimetterci in moto, non è un caso. Se qualcuno pensa di essere più importante di qualcun altro, le cose non funzionano. Anche le imprese non possono chiamarsi fuori».

Ci sono situazioni a rischio?
«Ci sono situazioni di sofferenza. E in un sistema interconnesso come questo i problemi dell'uno si riverberano sugli altri. Bisogna avere il coraggio anche di sostituire le imprese. Non ci possiamo permettere altri ritardi. Dobbiamo andare veloci tutti».

L'aggiornamento prezzi come impatterà sul Mose?
«Inevitabilmente ci sarà un aumento. Ad oggi, per finire il sistema Mose, mancherebbero 700 milioni di lavori. Se l'aumento medio è del 40%, servono tra i 150 e i 200 milioni in più. Lo Stato ha due opzioni: mettere la differenza o rinunciare a fare alcuni lavori. Ma attenzione a tagliare interventi, ne andrebbe del funzionamento del sistema.

Qualche esempio concreto?


«San Marco. Se si decidesse di non completare i lotti, ad esempio non restaurando tutti i galoti, l'impermeabilizzazione della Piazza diventerebbe meno efficiente. Ma penso anche ai lavori in laguna: le barene non vanno trattate come aiuole, manie degli ambientalisti, hanno una funzione nell'equilibrio di una laguna dove hai messo una bestia come il Mose».

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Il Gazzettino