«Già sabato scorso aveva rischiato grosso in fase d'atterraggio, facendo acrobazie. Era stato fortunato e gli era andata bene. Ma martedì, purtroppo, le...
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L'ACROBAZIA
Flavio è precipitato a candela per 400 metri, senza possibilità di aprire il paracadute d'emergenza, rimasto impigliato nella vela. Ma com'è stato possibile? Le condizioni meteorologiche erano ottimali per volare e nessuna corrente avrebbe potuto fargli attorcigliare il parapendio in quel modo. «Le vele possono al massimo fare delle pieghe, in germine tecnico si chiamano orecchie, che poi si gonfiano nuovamente appena si trova un'altra termica - spiega un appassionato di parapendio che frequenta il Grappa da diversi anni -. Possono in qualche caso attorcigliarsi, ma il ragazzo morto l'altro giorno è rimasto insaccato: in pratica è finito dentro il paracadute. E non ci si può finire se non eseguendo un'acrobazia estrema, una capriola, un giro della morte. Lo avevamo visto anche qualche giorno prima, sabato, fare simili evoluzioni in prossimità dell'atterraggio. Era assieme a un gruppetto di ragazzi a cui piace rischiare. Purtroppo gli è andata male». Flavio sarebbe insomma caduto sopra la sua stessa vela al termine di un'acrobazia, rimanendovi impigliato. Per questo motivo è stato per lui del tutto inutile tentare di aprire il paracadute d'emergenza, rimasto imbrigliato nel parapendio che ormai avvolgeva completamente il giovane pilota e lo zainetto che teneva sulle spalle.
LA CADUTA
Flavio non ha dunque potuto fare nulla per arrestare la caduta ed è precipitato a una velocità di oltre cento chilometri orari. Erano le 17.10 quando i primi soccorritori lo hanno raggiunto nel campo di via Cenghia, non lontano dalla pista d'atterraggio, dov'è precipitato. «Amava il volo più di ogni altra cosa - il ricordo commosso di un amico che con il giovane padovano condivideva la passione per il parapendio -, lo aveva aiutato anche a superare dei momenti difficili». Il Monte Grappa e in particolare la zona di Borso è una delle zone preferite dai piloti che ogni anno arrivano qui da tutta Europa. «Non vogliamo che passi il messaggio che il parapendio è uno sport pericoloso - spiegano gli appassionati - perchè non è così, anche se l'errore umano può capitare a tutti». La scorsa settimana, a San Gregorio nelle Alpi, nel Bellunese, aveva perso la vita anche un 54enne montebellunese, Paolo Gatto, schiantatosi con il suo parapendio sul costone della montagna. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino