Morto durante la maratona: «La moglie ha cercato subito di rianimarlo. Mai un malore, perfetto alle visite mediche»

Manlio Millo
MESTRE - «La moglie ha cercato di rianimarlo subito, forse con una respirazione bocca a bocca e massaggio cardiaco. Tutti i compagni di squadra sono accorsi ad aiutare, ma...

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MESTRE - «La moglie ha cercato di rianimarlo subito, forse con una respirazione bocca a bocca e massaggio cardiaco. Tutti i compagni di squadra sono accorsi ad aiutare, ma alla fine non c'è stato nulla da fare»: è ancora scosso dall'accaduto Matteo Pinton, responsabile del Venice Marathon Running Team e allenatore di Manlio Millo, il 56enne di Cavarzano (Belluno), residente a Mestre che domenica è morto a causa di un arresto cardiocircolatorio mentre partecipava alla Corsa della Bora, la mezza maratona di Sistiana, in provincia di Trieste.

IN DIRITTURA
A un chilometro dal traguardo, Manlio Millo che condivideva la passione della camminata sportiva con la moglie Francesca Gennaro, 55enne originaria di Trento si è accasciato al suolo privo di sensi. L'uomo è stato trasportato con l'elisoccorso all'ospedale di Udine. Ma non c'è stato nulla da fare. L'uomo lascia la moglie e il figlio Davide di 22 anni.
«Siamo senza parole continua Pinton . Da quattro anni era uno dei nostri tesserati. Una persona buona, sempre sorridente, disponibile, discreto. I compagni di squadra lo amavano tutti. Siamo scioccati». Fino a quel momento, non c'era stato nulla che potesse far presagire la tragedia. Come spiega l'allenatore, la documentazione medica di Millo era in ordine (obbligatoria nel caso di percorrenze medio-lunghe) e non aveva mai avuto problemi di salute.
«Era qualcosa davvero di imprevedibile continua Pinton - sarebbe potuto accadere anche sul divano di casa. Lui era un camminatore, non correva. Aveva percorso quei venti chilometri con calma, come tante altre volte».

LE ORIGINI
Manlio Millo, figlio di Omero, già premiato con il San Martino nel 2010 per i suoi meriti letterari, era nato a Belluno, da anni viveva con la moglie e il figlio in centro a Mestre in via Fradeletto. Lavorava come consulente in un'azienda farmaceutica, per la quale si occupava della logistica. Con la moglie Francesca condivideva la passione per la camminata sportiva. Si allenavano con il Venice Marathon Running Team due volte alla settimana nel parco di San Giuliano a Mestre, poi la classica corsa domenicale. Nel caso di gare in trasferta, la coppia amava raggiungere il luogo della competizione in camper.


Un modo per trascorrere due giorni tra amore, sport e natura. Anche questa volta erano arrivati in camper. Poi il tragico epilogo. «Era un amatore puro spiega Piero Rosa Salva, presidente di Venice Marathon e Vela . Viveva le competizioni come un momento di aggregazione, non di agonismo. Sempre con la moglie Francesca al suo fianco e il loro inseparabile camper. Mancherà a tutti».

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Il Gazzettino