PORDENONE - Negli anni Sessanta, quando Pordenone si affrancava dalla miseria del Dopoguerra e imboccava la strada del boom economico, lui guardava già più lontano....
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IL RITRATTOVittorio Marini era nato con l'orologio al polso, letteralmente. Il primo aveva iniziato a maneggiarlo già a 13 anni, seguendo le orme del padre Giovanni e ancora prima del nonno. «Era in grado di costruire un orologio da solo», assicura oggi il figlio Mario. Nato a Pordenone nel 1931, Vittorio ha bruciato il tempo, suo alleato nella riparazione degli orologi. A soli 18 anni, quindi ai tempi non maggiorenne, aveva aperto il suo primo negozio in corso Vittorio Emanuele, al civico 35. Lo dovette intestare al padre, ma in quel momento partì l'epopea. Negli anni Cinquanta arrivarono le nozze con Antonietta Sutto: sarebbe stata lei, al suo fianco, a immaginare una città a cui in futuro il lusso sarebbe piaciuto quasi inaspettatamente. Vittorio aveva sempre riconosciuto alla sua compagna delle qualità che lui forse non aveva: lei era la mente più creativa, lui il bravo artigiano di una volta trasformato nel gioielliere dell'epoca contemporanea. Già nei primi anni Cinquanta sono nate le creazioni orafe dei Marini, disegnate da Antonietta e realizzate da Vittorio. Poi sempre assieme alla moglie, morta 8 anni fa, ha aperto un negozio ad Azzano Decimo nel 1962 e a Fiume Veneto nel 1963. Poi il ritorno in città, sempre in corso Vittorio Emanuele. Infine, all'inizio degli anni Ottanta, l'apertura del punto vendita di piazzetta Cavour. Una gioielleria che oggi mostra i segni del tempo, ma che allora era proiettata nel futuro. Nel 1999 aveva subìto una rapina da 150 mila euro: era riuscito a non farsi intimorire e addirittura a rincorrere il rapinatore, poi fuggito.
LA FAMIGLIAIl figlio Mario, che ha continuato l'attività del padre rimettendo piede proprio in corso Vittorio Emanuele, è stato il primo a precipitarsi nella casa di via Monte Rest. «Mio padre - ha detto ricordando Vittorio Marini - insegnava agli altri a vivere bene grazie alle cose semplici. Il lavoro l'ha nobilitato e lui ha dato un'etichetta alla città. La mamma aveva una grande visione sul futuro e la coppia funzionava bene proprio per quello. Non era più abituato al modo contemporaneo di fare commercio. La Pordenone di oggi la vedeva di cattivo occhio: non gli piaceva, la giudicava una città decadente. Forse non si riconosceva più in ciò che vedeva fuori dal suo negozio. Lui aveva un'idea elevata del lusso e del bello, affiancata da una visione avanzata». Ieri la città ha perso tutto questo. I funerali saranno celebrati domani alle 14.30 nella chiesa di San Giorgio a Pordenone. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino