Ahmed e Henry uniti nella tragedia. I dubbi del sindaco: «Stesso posto, stessi messaggi, stessa azione: è davvero una coincidenza?»

CADONEGHE - «Lo stesso posto, la stessa giovane età, gli stessi messaggi, lo stesso tipo di azione. Vogliamo davvero pensare che sia una coincidenza?». ...

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CADONEGHE - «Lo stesso posto, la stessa giovane età, gli stessi messaggi, lo stesso tipo di azione. Vogliamo davvero pensare che sia una coincidenza?».


Marco Schiesaro, sindaco di Cadoneghe, parla a bassa voce e dice quello che in paese tutti pensano: la tragedia del quindicenne Ahmed è terribilmente simile a quella del diciottenne Henry. Sette mesi dopo un altro presunto suicidio di un adolescente nello stesso punto del Brenta. All'improvviso, però, il suo tono di voce si alza: «Il problema è che c'è omertà. C'è qualcuno che sa tutto e non parla».

Sindaco, qual è la sua sensazione?
«C'è un muro da abbattere. I punti da chiarire sono ancora moltissimi ma di certo c'è chi continua a mantenere alto quel muro scappando dalle proprie responsabilità».

A chi sta pensando?
«Credo che i responsabili di queste morti possano essere gli stessi, persone che magari conoscevano bene sia Henry che Ahmed. Non ho elementi per dirlo, ma di sicuro bisogna andare a fondo».

Come?
«Non sono nessuno per dire che tipo di indagini serve fare, ci mancherebbe. Mi sto solo facendo portavoce del sentimento della gente di Cadoneghe che ha appena visto riaprirsi una vecchia ferita. Quindi invito a scavare il più possibile, ripartendo da zero e senza dare nulla per scontato».

Vale anche per la morte di Henry Amadosun, il diciottenne di origine nigeriana trovato morto nello stesso punto lo scorso 20 settembre?
«Certo, anzi: io ora chiedo che venga riaperto il caso. Lo dobbiamo ad un'intera comunità. Sono sempre in contatto con il suo avvocato e con la sua famiglia e ho una certezza: Henry era un ragazzo sanissimo, ben integrato, senza problemi particolari. Non mi risulta affatto che quel giorno avesse bevuto o avesse altro. Faccio fatica a pensare perfino che si sia tolto la vita da solo. In ogni caso un responsabile deve esserci».

Cosa auspica?
«Che certi ragazzi vengano messi alle strette in modo da poter sapere cos'è accaduto realmente. Le forze dell'ordine stanno facendo un grande lavoro con le indagini e spero proseguano fino in fondo. Serve la verità perché lo ripeto: questa doppia morte non può essere una coincidenza».

Si dice che a Cadoneghe ci sia una banda di ragazzini che bullizzano i coetanei. Lei cosa pensa?
«Io invece credo che il problema sia a Padova. Alcuni dei nostri ragazzi hanno contatti con altri adolescenti che bazzicano nell'area della stazione. Padova è una città con ampio spaccio di droga e con tanti cattivi giri. A Padova purtroppo la droga te la offrono per strada, finiamola di nasconderci dietro le bugie. Ma sto parlando solo io, anche il sindaco Giordani dovrebbe intervenire».

Crede che dietro queste due morti possano esserci delle storie legate allo spaccio, magari un regolamento di conti?
«Mi auguro di no, ma è naturale che non possa essere escluso. Tanti giovani dell'hinterland vanno a Padova e poi rischiano di finire in brutti giri».

Perché è così convinto che il problema della brutta compagnia sia a Padova e non nella sua Cadoneghe?
«Me lo lascia pensare ciò che percepisco dalle chiacchierate che faccio con i nostri ragazzi. Con molti di loro ho un bellissimo rapporto, mi scrivono pure su Instagram. Sono perlopiù giovani di quartiere che giocano a pallone e frequentano la parrocchia. Non gente scafata che vive per strada, come accade in certe zone di Padova».

Ora cosa si aspetta?


«Che nessuno si fermi all'apparenza. Per capire cosa c'è dietro queste due morti bisogna andare davvero a fondo».

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Il Gazzettino