Inchiesta sui rifiuti alla Fincantieri Stop produzione, 4.500 a rischio Governo pensa a norma d'emergenza

Inchiesta sui rifiuti alla Fincantieri Stop produzione, 4.500 a rischio Governo pensa a norma d'emergenza
MONFALCONE - «Siamo molto preoccupati per ciò che sta accadendo a Taranto e Monfalcone. Non escludiamo a questo punto un intervento normativo di emergenza». Lo ha dichiarato...

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MONFALCONE - «Siamo molto preoccupati per ciò che sta accadendo a Taranto e Monfalcone. Non escludiamo a questo punto un intervento normativo di emergenza». Lo ha dichiarato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti sulle notizie provenienti da Ilva e Fincantieri.




Nello specifico, stamane i carabinieri del comando tutela dell'ambiente-Nucleo operativo ecologico di Udine, su mandato del Tribunale penale di Gorizia, hanno messo i sigilli ad alcune aree dello stabilimento Fincantieri.



L'ipotesi di reato è di attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Immediata la sospensione, decisa dalla società pubblica, di tutte le attività con conseguente "messa in libertà" di 4.500 dipendenti. Restano al loro posto esclusivamente gli addetti alla manutenzione degli impianti, cioè un centinaio di persone in tutto.



Al cantiere sono in costruzione alcune navi, grazie anche alla ripresa degli ordinativi, tornati a livello pre-crisi del 2007. Secondo quanto ha reso noto lo stesso gruppo, l'inchiesta sarebbe relativa allo smaltimento di scarti di lavorazione, precisando che non si tratta di materiale nocivo per la salute.




Risultano indagati con Carlo De Marco, direttore dello stabilimento del gigante della navalmeccanica made in Italy, i titolari di sei aziende che lavorano all'interno del cantiere.

Si tratta di Nella Dosso, 55 anni (Pulitecnica friulana di Udine), Valter Radin,59enne (Petrol Lavori di San Dorligo della Valle, Ts), Romeo Ronco, 69, della Marinoni di Genova; Francois Marcel Gaston Avon (58) della Carboline Italia; Corrado Annis (48) della Sirn di Trieste e Fabio Bianchi (49) della Savi di Genova.

La Procura della repubblica di Gorizia, nel giugno 2013 si era vista respingere la richiesta di sequestro, prima dal Gip e poi dal Tribunale, secondo cui non vi sarebbero state urgenze tali da giustificare una situazione di pericolo ambientale. Da qui il ricorso presso la terza sezione penale della Cassazione.



L'inchiesta riguarda la gestione degli scarti di lavorazione nelle navi prodotti da parte delle ditte subappaltatrici di Fincantieri, che però non risultano titolari dell'autorizzazione a gestire i rifiuti. La contestazione riguarda in particolare il deposito temporaneo messo a disposizione da Fincantieri, dove i vari rifiuti vengono ammassati e quindi rimossi da parte di un'altra ditta subappaltatrice. La Corte ha accolto la tesi della Procura, per cui tutte le ditte in subappalto, e non solo Fincantieri, sarebbero soggette all'autorizzazione al trattamento rifiuti, anche in caso di semplice stoccaggio. La procedura utilizzata nel cantiere raffigurerebbe quindi un «deposito incontrollato», sanzionato dal decreto legislativo sul trattamento dei rifiuti.



Per il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi,
«I sigilli posti oggi alla Fincantieri di Monfalcone concretizzano quella che lo scorso 28 maggio avevo definito come una "manina anti impresa"». Squinzi è stato molto duro: «Monfalcone è un altro caso Ilva, un altro caso in cui sembra che non si voglia che le imprese operino in questo paese, una cosa particolarmente grave». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino