Mogliano, rapina a mano armata in villa. La testimonianza di mamma Lauretta: «Mio figlio legato a terra, mi sono sentita morire»

Mogliano, rapina a mano armata in villa. La testimonianza di mamma Lauretta: «Mio figlio legato a terra, mi sono sentita morire»
MOGLIANO - Piombano in casa in tre, con la pistola spianata, la puntano contro la coppia di anziani proprietari. Immobilizzano a terra il figlio, legandolo mani e piedi. Rovistano...

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MOGLIANO - Piombano in casa in tre, con la pistola spianata, la puntano contro la coppia di anziani proprietari. Immobilizzano a terra il figlio, legandolo mani e piedi. Rovistano nelle stanze a caccia di contanti e gioielli e poi scappano con il bolide del figlio. Attimi di terrore domenica sera a Campocroce, frazione di Mogliano. La rapina a mano armata è avvenuta poco dopo le 18 e nel mirino è finita la casa di una coppia di anziani, in via del Cristo. «Ho sentito uno sparo, poi un colpo alla porta - racconta ancora scossa Lauretta Marton ai microfoni di Antenna Tre -. Hanno aperto a calci il portoncino d’ingresso». Un istante dopo il commando ha fatto irruzione in casa, armato di pistola (difficile dire se fosse vera o a salve. In ogni caso non aveva tappo rosso). «Erano in tre, a volto coperto e guanti. Si vedevano solo gli occhi» racconta la donna. Quello con la pistola le ha dato istruzioni chiare: «Stia ferma signora, non le facciamo niente». Lauretta ha ubbidito, terrorizzata. È cardiopatica e soffre di attacchi d’ansia: temeva di avere un malore, per cui ha chiesto di poter prendere i calmanti. «Il rapinatore mi ha accompagnata nella stanza accanto mentre i complici sono saliti al piano superiore - prosegue la moglianese -. Quando ho visto mio figlio Andrea a terra, con mani e piedi legati, mi sono sentita morire». I due malviventi saliti al primo piano hanno svuotato armadi e cassetti. «Hanno buttato all’aria tutto. Non abbiamo molte cose di valore: hanno preso qualche collana d’oro e i soldi che erano nei portafogli mio e di mio marito: sui 200 euro in tutto». Il vero obiettivo, forse era l’auto di grossa cilindrata del figlio. La macchina era parcheggiata in cortile. È con quella che la banda è scappata. Prima però per garantirsi un margine di fuga hanno requisito i cellulari delle vittime e staccato il telefono fisso in modo che la famiglia non potesse chiamare subito le forze dell’ordine. Fortunatamente la famiglia non è stata malmenata dal commando, che si è limitato a minacciarli e immobilizzare il figlio. «Dall’accento erano stranieri» osserva l’anziana, che ricorda soltanto la voce dei rapinatori mentre dei loro lineamenti non ha visto nulla perché erano travisati. 

LE INDAGINI

Sul caso indagano ora i carabinieri. I militari hanno raccolto le testimonianze delle vittime e in queste ore stanno visionando i filmati di videosorveglianza della zona per ricostruire il tragitto di fuga. Del resto l’auto rubata deve pur essere stata intercettata dalla videosorveglianza. Targa e modello sono stati diramati a tutte le forze di polizia. Gli investigatori stanno cercando anche di mettere bene a fuoco i contorni della rapina. Se sia stata un evento estemporaneo o se si tratti di un reato maturato in un contesto specifico, come per esempio una spedizione punitiva o un assalto su commissione. Saranno le indagini a fare chiarezza. 

L’ALLERTA

Il fatto, intanto, ha destato molta preoccupazione in città. A maggior ragione in un periodo in cui le razzie nelle case sono all’ordine del giorno. Di rapine a mano armata, invece, non se ne vedevano da un po’. Negli ultimi anni quella che fece più scalpore fu la rapina nella villa del petroliere Giancarlo Miotto. La sera del 14 novembre 2021, una domenica, un commando di quattro malviventi piombò nell’abitazione sul Terraglio. Con le pistole in pugno costrinsero i padroni di casa a farsi aprire cassaforte e caveau, minacciando persino di rapire la figlioletta di 7 anni. Fu un colpo milionario: il commando scappò con contanti, gioielli, orologi di lusso e accessori. Domenica sera l’incubo è tornato. A Lauretta, oltre a una fortissima paura, è rimasta la consapevolezza di aver fatto bene a non reagire. «Meglio fare come dicono, sennò quei i te copa». 

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Il Gazzettino