«Minori in fuga, attenzione ai furbi che vengono al "centro estivo Italia"»

«Minori in fuga, attenzione ai furbi che vengono al "centro estivo Italia"»
VENEZIA «Il Comune spende ogni anno 2 milioni 600mila euro per gli inserimenti in comunità dei minori non accompagnati ma, a fronte di un piccolo afghano di 10 anni...

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VENEZIA «Il Comune spende ogni anno 2 milioni 600mila euro per gli inserimenti in comunità dei minori non accompagnati ma, a fronte di un piccolo afghano di 10 anni che si è fatto un viaggio terrificante di giorni aggrappato ad un camion, magari ci sono diciassettenni albanesi e kosovari che vengono in aereo scambiando l’Italia come un centro estivo. Spesso si tratta di una vera e propria truffa ai danni dello Stato». Simone Venturini, assessore alla Coesione sociale, apre un fronte sul problema dei minori non accompagnati e chiede il sostegno del governo. Accanto a casi documentati di ragazzini che fuggono da aree di guerra come Afghanistan e Iraq, esistono infatti alcune situazioni non altrettanto chiare. 

 
«Si tratta di un fenomeno estremamente complesso nella cui gestione i Comuni sono lasciati completamente soli dallo Stato», dice Venturini.
E che il problema di questa “guerra tra poveri” esista, lo conferma quanto accade in altri Comuni del Veneto. A Padova sono partite vere e proprie cause di truffa, ma, dicono gli operatori delle associazioni di accoglienza, non sempre chi proviene da Albania e Kosovo viene in Italia a cuor leggero.
Resta il fatto che di 82 minori non accompagnati arrivati da gennaio a Venezia, il 48 per cento arriva da Albania (27%) e Kosovo (21%) e il restante è diviso tra il 36% dall’area che comprende Afghanistan (17%), Pakistan (6%), Iraq (10%) e Kurdistan (3%), mentre il rimanente 16% si divide tra Paesi del Maghreb e dell’Africa Subsahariana.
Venezia non è nella situazione di Padova, ma l’assessore Venturini è chiaro quando chiede che si facciano distinguo tra l’assistenza a chi fugge da guerre e arriva dopo un viaggio disperato e chi giunge a Venezia per strade meno tortuose. «Fortunatamente però - spiega Paola Sartori, responsabile dell’Ufficio delle politiche cittadine per l’infanzia e adolescenza del Comune di Venezia - spesso in questi ultimi casi, dopo un lavoro di indagine, riusciamo ad intercettare dei parenti che risiedono nella zona e che se ne prendono carico. E non sempre chi proviene da Albania e Kosovo, paesi in cui la situazione socio economica non è né stabile né florida, viene in Italia a cuor leggero».
«Ci sono casi di ragazzini albanesi - spiega un volontario di “Refugees Welcome” di Padova - rimasti orfani che partono dall’entroterra perché non hanno più famiglia e arrivano in Puglia ma anche in Veneto dopo un viaggio di giorni senza un posto dove andare e spesso: senza un intervento da parte dei Comuni questi ragazzini sarebbero allo sbando e da qui il passo è breve dall’essere risucchiati nella rete della criminalità organizzata».
Insomma, da una parte l’assessore dall’altra le organizzazioni che lavorano sul campo, come “Refugees Welcome”. Nel mezzo, una questione non semplice e tante storie di ragazzini che scappano dal proprio paese da soli. I numeri riportati alla data del 15 maggio 2018 parlano di 217 tra ragazzi e ragazze, in maggioranza maschi, di cui, come si diceva, 82 nuovi arrivati da gennaio di quest’anno.
Un altro dato da rimarcare è che, per il 33% di questi ragazzi, l’Italia rappresenta solo un paese di transizione: il loro viaggio infatti non si ferma qui perché molto spesso l’obiettivo è raggiungere altri stati come Francia o Germania ma anche Svezia e altri del nord Europa dove si trovano loro parenti. Emblematico è il caso dei 14 minori afghani arrivati nei mesi scorsi nel Comune di Venezia, tutti e 14 già partiti per altra destinazione poco tempo dopo. 

Quando questi ragazzini diventano maggiorenni, il Comune cerca di aiutare i pochi che sono rimasti attuando politiche d’inserimento nel mondo del lavoro come tirocini e stage, oltre ovviamente ad avergli fatto frequentare corsi di lingua italiana per tutta la durata della permanenza nei centri – spiega ancora Paola Sartori - Quelli che restano a Venezia, molto spesso trovano lavoro nel settore turistico in alberghi e ristoranti. Alcune famiglie accolgono per qualche mese i neo maggiorenni finché questi non diventano autonomi, ossia quando sono economicamente in grado di affittare appartamenti in condivisione. Spesso collaboriamo con l’associazione “Comunicare” di Marghera che mette a disposizione appartamenti in comodato d’uso dove i ragazzi possono alloggiare per un periodo pagando solo le utenze. Questi progetti come anche quello “Mai più soli”, contribuiscono ad evitare che questi ragazzi, una volta compiuti i 18 anni, siano allo sbando e facile perda della criminalità, e contribuiscono a rendere le città più sicure».  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino