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BELLUNO - Il ministro per i Rapporti col Parlamento, Federico D'Incà, 46 anni, ha guardato dalla tribuna le elezioni per il nuovo parlamento. Non è sceso in campo con il Movimento 5 Stelle con cui è stato eletto due volte alla Camera. All'indomani della caduta del governo Draghi ha infatti abbandonato la compagnia. Non è sceso in campo neppure con il Partito Democratico a con cui pareva essere ad un passo dall'intesa. Nel curriculum la doppia nomina a ministro: dal 5 settembre 2019 con il premier Giuseppe Conte ed, in seguito, nel governo di Mario Draghi.
La sua esperienza politica è partita nel 2010 nel neonato Movimento 5 Stelle ed è culminata con la riconferma del ruolo di ministro nel governo tecnico di Draghi.
Il Movimento ha tenuto, nonostante le aspettative. Si è pentito della sua scelta?
«Il 5 Stelle ha tenuto, a livello nazionale. Io sono convinto della scelta che ho fatto lasciando il Movimento 5 stelle, sono convinto che il governo Draghi dovesse proseguire fino alla prossima primavera per dare sicurezza al Paese, vista anche la guerra in corso in Ucraina. Tra l'altro il messaggio del Movimento in questa campagna elettorale era incentrato sul reddito cittadinanza, uno strumento importante per aiutare i poveri del nostro Paese che non deve però trasformarsi in assistenzialismo altrimenti avrà un impatto negativo sulle aspettative delle future generazioni».
Un bilancio del suo impegno per il Bellunese?
«Sono soddisfatto del lavoro portato avanti con tutti i soggetti che ho incontrato.
Che eredità lascia?
«Io credo di aver dato un esempio di collegamento al territorio, di politica nazionale vicina al cittadino. Lascio l'eredità nell'azione quotidiana per portare avanti le opere infrastrutturali, la forza nel tenere la nostra comunità resiliente e unita come ogni giorno insegnano Aldo Bertelle e tutti i volontari che ho incontrato, l'attenzione nel dare sempre l'esempio alle future generazioni. Ma anche l'impegno per vincere e superare la pandemia da coronavirus attraverso la più grande opera di vaccinazione per cui desidero ringraziare tutto il personale sanitario. E poi il grande risultato del Pnrr con i suoi 235 miliardi di euro».
Come vede il nuovo governo?
«Per il bene del mio Paese mi auguro che il prossimo governo abbia la forza di proseguire l'opera dei governi di cui ho avuto la fortuna di essere ministro. Ci sono i grandi temi, come quelli del costo dell'energia e delle bollette: con Draghi abbiamo messo a disposizione 63 miliardi di euro nel 2022, risorse per le famiglie e imprese ma serviranno nuovi aiuti soprattutto in legge di bilancio. Poi la continuazione del Pnrr, per cui abbiamo lavorato in maniera intensissima raggiungendo tutti gli obbiettivi negli ultimi due anni. Al nuovo governo chiedo di continuare il percorso delle riforme. E poi a livello internazionale, riuscire ad aiutare l'Europa a mediare una soluzione del conflitto tra Russia e Ucraina, senza dimenticare il tema ambientale, molto sentito dai giovani perché legato al futuro del nostro pianeta. Da parte mia proseguirò l'impegno nell'associazione Ambiente 2050, che presiedo e che ha messo al centro la sostenibilità».
Ha un rammarico?
«Si. Non aver avuto la possibilità di candidarmi nel territorio veneto. Ma sono coerente con me stesso e non ho accettato candidature fuori dal Veneto. La politica deve essere legata al proprio territorio di appartenenza ricevendo dai cittadini la valutazione del proprio lavoro».
E ora?
«Io sono in aspettativa, una volta terminato l'impegno come ministro riprenderò a lavorare e mi dedicherò alla mia famiglia. Devo ringraziare mia moglie Laura e mia figlia Maria Deva, alle quali devo molto tempo che ho sottratto in questi anni importanti ma allo stesso tempo difficili».
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Il Gazzettino