Schiavi nei campi e nelle vigne: picchiati per aver chiesto un bicchier d'acqua

Schiavi nei campi e nelle vigne: picchiati per aver chiesto un bicchier d'acqua
ROVIGO - Lavoravano nei campi ininterrottamente dall'alba al tramonto, senza giorni di riposo, senza nemmeno la possibilità di mangiare o andare in bagno, per 3 euro...

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ROVIGO - Lavoravano nei campi ininterrottamente dall'alba al tramonto, senza giorni di riposo, senza nemmeno la possibilità di mangiare o andare in bagno, per 3 euro all'ora. Se parlavano o si fermavano un attimo per prendere un sorso d'acqua che potesse ristorarli dal caldo atroce dell'estate, venivano picchiati. Tutto per il miraggio - che dà il nome all'operazione dei carabinieri - di un contratto di lavoro che consentisse di ottenere il permesso di soggiorno. Vittime dei caporali, loro connazionali, dal marzo del 2018 erano 13 marocchini.


Gli sfruttatori sono stati individuati e indagati dai carabinieri di Padova, Venezia e Rovigo, che hanno svolto le indagini coordinate dal pubblico ministero padovano Marco Brusegan. Le ipotesi di reato sono quelle di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro clandestino. Il gip ha imposto a tre marocchini di 30, 36 e 38 anni di San Martino di Venezze e a un 55enne di Anguillara l'obbligo di dimora. Un altro caporale, residente a Bagnoli, è invece fuggito, tornando in Marocco. I 13 braccianti sfruttati lavoravano nei campi tra Cavarzere, dove è partita l'indagine, San Martino di Venezze e la Bassa Padovana, in particolare Tribano, Conselve, Arre e Montagnana. Le indagini ora proseguono sugli imprenditori agricoli italiani che avevano stipulato un contratto con l'azienda di Anguillara che forniva loro la manodopera. Gli inquirenti vogliono verificare se questi fossero davvero ignari dello sfruttamento dei braccianti che lavoravano nei loro campi, anche se la spesa, rapportata all'ammontare del lavoro, avrebbe dovuto insospettirli. 
 

Migranti pestati e pagati 3 euro l'ora per 11 ore nelle vigne: 4 caporali nordafricani indagati

PADOVA - Tre euro all'ora per I migranti, in gran parte clandestini, lavoravano anche 11 ore di fila, senza potersi riposare o mangiare. Chi si ribellavaAssociazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro clandestino nei confronti di I carabinieri stanno approfondendo le posizioni dei 11 ore di lavoro nelle vigne, a potare le piante e raccogliere l'uva.


L'INIZIO
Tutto è cominciato da due braccianti che lavoravano in un fondo agricolo di Cavarzere, che hanno deciso di raccontare quanto accadeva, perché avevano capito che la loro condizione di braccianti non era regolare e che un vero contratto non l'avrebbero mai avuto. «Ho dovuto accettare - ha raccontato uno dei due ai carabinieri - perché il titolare della ditta mi aveva promesso il rinnovo del permesso di soggiorno». Da questa denuncia, i militari hanno iniziato a indagare, con appostamenti e monitoraggi, l'attività illecita dell'azienda agricola di Anguillara che ha portato a una interdittiva nei confronti del titolare, il 30enne di San Martino, che invece di mettersi in regola ha trasferito l'attività conto terzi a Montagnana, Tribano, Arre, Conselve e San Martino di Venezze, intestando la nuova azienda alla moglie.

I COMPITI
Tre factotum, indagati assieme al titolare dell'azienda, avevano il compito di pagare gli stipendi, portando e seguendo nei campi il gruppo di lavoratori, costretti in ambienti malsani e senza i minimi requisiti di sicurezza e salubrità. «Lavoravo 11 o 12 ore al giorno, dalle 7 della mattina alle 18-19, domenica compresa. Per riposare bisognava sperare che piovesse. Per la potatura delle vigne il compenso era di 240 euro al mese» ha raccontato un bracciante. Chi si ribellava veniva picchiato. Un kapò, a gennaio 2018, aveva preso per il collo un operaio e colpito al basso ventre perchè si era messo a parlare con un collega. «Se non la smetti ti ammazzo», l'aveva minacciato. Quando erano vittime di incidenti sul lavoro, erano costretti a tornare sui campi il giorno dopo nonostante i giorni di prognosi.

IL TERRORE

La gran parte degli operai non ha avuto il coraggio di parlare perché sperava di ottenere quel permesso di soggiorno che tanto desideravano per vivere in Italia senza problemi. Ma alla fine chi ha collaborato ha ottenuto quel documento tanto sognato per motivi di giustizia, in forza del progetto «Nave» di Venezia, associazione che offre supporto a stranieri e clandestini. I carabinieri ora stanno approfondendo le posizioni dei 6 proprietari terrieri italiani che hanno usufruito dei servizi della società finita nel mirino dei carabinieri, che offriva servizi di raccolta ortaggi a prezzi stracciati. Il giro degli affari è stato calcolato in circa 350mila euro l'anno.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino