Migranti alle porte del Nordest. Salvini: barriera fisica alla frontiera

Migranti alle porte del Nordest. Salvini: barriera fisica alla frontiera
Non c'è solo l'ipotesi di sospendere il Trattato di Schengen e ritornare ai controlli di frontiera: ora sul tavolo del governo italiano c'è anche...

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Non c'è solo l'ipotesi di sospendere il Trattato di Schengen e ritornare ai controlli di frontiera: ora sul tavolo del governo italiano c'è anche l'ipotesi di innalzare una vera e propria barriera fisica al confine con la Slovenia per fermare i rinnovati flussi di immigrazione irregolare via terra lungo la rotta balcanica. Il ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini alza il tiro sull'emergenza che riguarda Trieste e altre aree del Friuli Venezia Giulia proprio nelle frenetiche ore del caso Sea Watch.


INTANTO SUCCEDE QUESTO "Rotta balcanica": dal Kosovo a Nordest, la lunga attesa nella galleria ferroviaria

«Si è riaperta la rotta balcanica, a luglio partiranno i pattugliamenti misti con gli sloveni ricorda Salvini ma se il flusso dei migranti non dovesse arrestarsi, a mali estremi estremi rimedi: non escludiamo la costruzione di barriere fisiche alla frontiera come hanno fatto altri Paesi».
 Il vicepremier pensa a un sistema di muri capace di fermare o almeno ridurre drasticamente le centinaia di ingressi che settimanalmente avvengono dai boschi del Carso sopra Trieste. Il leader leghista pensa a qualcosa di simile a quanto realizzato già da tempo nell'Ungheria di Viktor Orban, sebbene esempi analoghi siano riscontrabili anche con il muro longitudinale voluto da Donald Trump fra gli Stati Uniti e il Messico.

IL PRECEDENTE
Ma esiste un precedente assai più prossimo al Nordest italiano: è stata infatti la stessa Slovenia, dimostratasi particolarmente sensibile al problema dell'immigrazione irregolare, a srotolare decine di chilometri di filo spinato lungo la frontiera infracomunitaria con la Croazia già in occasione della prima emergenza determinata dalla rotta balcanica. L'iniziativa del filo spinato, ora solo parzialmente rientrata, ha riguardato in particolare la zona del fiume istriano Dragogna, che marca il confine fra i due Paesi della ex Jugoslavia, provocando fra l'altro le proteste delle popolazioni locali (con una sensibile presenza della minoranza italiana) per le evidenti criticità indotte sulle attività quotidiane di famiglie e lavoratori.

Diversamente dal confine di Trieste, quella fra Slovenia e Croazia è ancora oggi una frontiera esterna dell'Area Schengen, considerato che Zagabria si aspetta solo entro il secondo semestre di quest'anno di essere inglobata e di vedersi spostare, di conseguenza, la frontiera Ue ai confini con la Bosnia Erzegovina e la Serbia.
I migranti della rinvigorita rotta balcanica arrivano da vari punti, ma ultimamente la preferenza dei passeur va alla zona della Val Rosandra, l'incantevole oasi naturalistica e alpinistica alle porte di Trieste che fin dall'alto medioevo fu via di traffici leciti e non. Se già in epoca romana qui si trovò una fonte abbondante per spegnere la sete dell'antica Tergeste, oggi il dedalo di sentieri, piste forestali e tracce nel fitto dei boschi rappresenta un viatico ideale per chi non vuole farsi bloccare prima di essere giunto alle porte della città e aver conseguito, in tal modo, il diritto di chiedere l'asilo all'Italia.

INSEGUIMENTI
Una parte del traffico di esseri umani avviene, in forma più rischiosa, tentando il passaggio dei normali confini stradali. Ma anche negli ultimi giorni sia la Polizia italiana e quella slovena hanno conseguito diversi successi contro tali attività: proprio in base a una previsione del Trattato di Schengen, la Polizia di un Paese può sconfinare per una decina di chilometri nel territorio del Paese vicino al fine di assicurare alla giustizia i malviventi, beninteso avvisando subito i colleghi.


E così accade sempre più di frequente che i triestini vedano sfrecciare nella notte le pattuglie slovene all'inseguimento di auto con passeur e relativo carico umano, con fine corsa nell'immediata periferia. Ora, dalla prossima settimana, questa collaborazione diventerà quotidiana, sull'esempio di quanto già avvenuto lungo il confine con l'Austria, mediante le pattuglie miste. Quanto alla Croazia, più volte è stata invitata in forme anche pressanti dalle autorità europee a vigilare sui propri confini esterni: per questo Paese la questione può rappresentare un banco di prova in vista della duplice ammissione nell'Area Schengen e in quella dell'euro.
Maurizio Bait Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino