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La scorsa settimana gli industriali della provincia di Udine avevano lanciato un appello che già dal primo minuto è entrato nel pentolone della discussione politica. «Per produrre e trovare personale per le nostre aziende abbiamo bisogno di più stranieri», era il senso stringato della richiesta mossa dalla Confindustria udinese. E in quel caso, nel dettaglio, si parlava di quote regionali riferite esclusivamente agli extracomunitari. Una richiesta che arrivava proprio da una di quelle regioni maggiormente interessate dai flussi migratori di natura extra Ue, in quanto porta naturale della Rotta balcanica. Ma è davvero ancora così la situazione? Sorprendentemente la risposta è negativa. Il Friuli Venezia Giulia in questo inizio di 2022 ha visto diminuire i flussi migratori, e soprattutto è in corso un processo di svuotamento delle strutture grazie a un accordo vincente con le autorità centrali.
La situazione
A fare il punto della situazione è l’assessore regionale alla Sicurezza, Pierpaolo Roberti. È stato sempre il primo a lanciare l’allarme quando la Rotta balcanica riprendeva vigore. Oggi invece deve presentare dati opposti rispetto al passato. Sì, perché per ragioni che molto probabilmente si trovano non solo al di fuori del Friuli Venezia Giulia, ma dell’Europa stessa, i flussi migratori sono diminuiti. Si temeva uno “tsunami” dovuto al ritorno dei Talebani in Afghanistan e non c’è stato. Si prevedeva il ritorno delle code di migranti a causa della bella stagione. Non è così. E cambiano anche le etnie dei nuovi ingressi.
«I flussi migratori - spiega oggi Pierpaolo Roberti - sono in calo rispetto ai dati rilevati l’anno scorso nello stesso periodo. E si può dire che in questo momento non ci sia un’emergenza in corrispondenza dei confini del Friuli Venezia Giulia. Non ci sono stati i picchi che ci aspettavamo, mentre invece stiamo assistendo a un cambiamento delle nazionalità».
Ed ecco i numeri aggiornati che ha a disposizione la Regione.
La politica
Il Friuli Venezia Giulia dopo molto tempo vede un’inversione di tendenza in corrispondenza della sua porta orientale, quella cioè che corrisponde a uno dei punti di arrivo della famosa Rotta balcanica. Allo stesso tempo, però, si somma un altro aspetto, che si intreccia anche con la guerra in corso tra Russia e Ucraina. Attualmente, infatti, i migranti che arrivano in Friuli Venezia Giulia dalla porta dei balcani non si fermano più in regione. Una prassi iniziata a singhiozzo durante la pandemia che ora però è diventata sistematica. I centri di permanenza regionali si svuotano, con trasferimenti che puntano regolarmente ad altri hot spot sparsi in tutta Italia. «Questo perché molte delle nostre strutture - ha spiegato l’assessore regionale Roberti - servono soprattutto ai profughi ucraini».
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Il Gazzettino