MESTRE Non è un caso che l'ultima overdose in città, quella che ha stroncato la vita a Alessandro Chiofalo, 32enne di Conegliano, sia avvenuta proprio in via...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
PUSHER, NUOVA GENERAZIONE
Mobili i compratori, mobili anche gli spacciatori. A distanza di due anni dall'operazione San Michele della questura che aveva smantellato l'organizzazione criminale nigeriana (al processo la procura ha chiesto 160 anni di carcere per i 30 imputati), i pusher africani sono tornati. Anche loro hanno capito che avere una base fissa e identificabile è controproducente, quindi sono molto più fluidi negli spostamenti e negli incontri con i clienti. L'area prediletta, però, sarebbe il centro di Marghera, come sostiene il presidente della municipalità Gianfranco Bettin.
«La gang nigeriana che traffica e spaccia eroina si è impadronita dei giardini di piazza Sant'Antonio, nel cuore di Marghera. Lo ha fatto in modo furbo, progressivo - spiega - da appena allentato il lockdown a oggi, cercando di non dare troppo nell'occhio ma infine assumendo il controllo della zona. I pusher occupano i quattro punti cardinali della piazza, agiscono con cautela e freddezza, mascherine e distanziamento compresi. Le staffette si muovono in bici o motorino tra la stazione, piazzale Giovannacci e lungo via Rizzardi, dove funge da snodo un negozio gestito da un loro complice (non nigeriano). Nei dintorni le staffette si muovono a piedi, soprattutto tra la piazza e la sala scommesse di piazzale Foscari». Uno stile sottotraccia a cui anche la clientela sembra essersi adeguata alla perfezione». «Peraltro - continua Bettin - una clientela non giovanissima, simile a quella che, in gran parte, ha prodotto la serie infernale di morti degli ultimi anni. A differenza di nordafricani e italiani, gli spacciatori nigeriani sono organizzati quasi militarmente, non sono tossicodipendenti e cercano di non creare troppo allarme. Proprio per questo sono pericolosissimi». Bettin chiede una nuova stretta alle forze dell'ordine contro questa banda. «La loro azione - aggiunge - va integrata con interventi socio-sanitari e di prevenzione. Invece, il Serd, i cui operatori (come quelli di strada del Comune) fanno miracoli, è al minimo storico del personale e la Regione non investe da anni. I boss dello spaccio lo sanno: il terreno delle dipendenze in questa città è fin troppo fertile perché chi le combatte ha poche risorse e poco personale». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino