Mestre. I carabinieri fanno irruzione nell'appartamento e trovano una prostituta "in servizio", ma la casa non è sua: arrestata la proprietaria

Mestre. I carabinieri fanno irruzione nell'appartamento e trovano una prostituta "in servizio", ma la casa non è sua: arrestata la proprietaria
MESTRE - Quando i carabinieri sono entrati in una stanza dell'appartamento c'era una ragazza intenta a fornire il servizio per la quale era stata pagata. Ma il locale non...

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MESTRE - Quando i carabinieri sono entrati in una stanza dell'appartamento c'era una ragazza intenta a fornire il servizio per la quale era stata pagata. Ma il locale non era suo, bensì di una connazionale che lo utilizzava come "centro massaggi" che per questo è stata tratta in arresto per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.


Come sempre capita in questi casi, la visita dei militari non è stata una fatalità, ma il frutto di una complessa attività d'indagine, coordinata dal sostituto procuratore Giorgio Gava.
Tutto era partito dalle segnalazioni del vicinato, che indicavano un viavai di persone sconosciute e sempre diverse sulle scale del condominio in cui si trova l'appartamento "incriminato".

Le indagini

Così è cominciata una serie di osservazioni fino a quando i carabinieri della Compagnia di Mestre non hanno avuto chiaro il quadro sul fatto che quella fosse in realtà una casa di appuntamenti. Mercoledì, quando hanno avuto il via libera, i militari hanno trovato una delle due stanze "occupata" e dopo aver identificato la ragazza che la occupava, hanno tratto in arresto la donna per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, in attesa dell'udienza di convalida che si svolgerà dal giudice per le indagini preliminari entro questa settimana.
Adesso si tratta di ricostruire il giro d'affari anche se par di capire che la frequentazione fosse abbastanza assidua, sia da parte di italiani che di stranieri. A quanto è dato sapere, poi, le ragazze venivano cambiate spesso e utilizzavano l'appartamento come appoggio per fornire le loro prestazioni.
Come è noto, in Italia la prostituzione in sè non è un reato e se una donna decide di farlo in autonomia non si può perseguire. Il discorso cambia quando un terzo mette a disposizione i locali oppure organizza il giro trattenendo per sè una percentuale più o meno cospicua degli incassi.


In via Piave questa situazione non è nuova. Anzi, negli anni passati c'era stato un fiorire di sedicenti centri massaggi che in realtà offrivano ben altro. In particolare, fino al 2012, una cospicua parte del business era gestita da un unico soggetto a capo di un'organizzazione che poi fu decapitata. I locali in cui si esercitava la prostituzione erano stati affidati al Comune, ma in realtà finirono per essere inutilizzati. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino