Le negozianti di Mestre a lezione di danza del ventre in pausa pranzo: «Basta solo marito e figli, riscopriamo la nostra femminilità»

MESTRE - «Facevo tapis roulant la sera quando i bambini vanno a letto. Tra lavoro e famiglia non si ha mai un attimo di tempo. Poi con le mie “colleghe”...

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MESTRE - «Facevo tapis roulant la sera quando i bambini vanno a letto. Tra lavoro e famiglia non si ha mai un attimo di tempo. Poi con le mie “colleghe” commercianti di via Palazzo abbiamo deciso che era giunto il momento di prenderci un’ora tutta per noi ed eccoci qui, in pausa pranzo al corso di danza del ventre». A parlare è Marina, 43enne titolare di un negozio di pietre, una delle negozianti-aspiranti ballerine di Mestre. Sì perché un gruppetto di commesse e commercianti del centro città si è organizzato per trascorrere la pausa pranzo del martedì, dalle 13 alle 14, in maniera piuttosto originale: niente panino davanti all’iPhone, meglio qualche passo di danza mediorientale in compagnia, con tanto di gonnellino con i pendagli. 

PAUSA PRANZO

Il punto di ritrovo è la scuola di danze etniche Dararaqs in via San Rocco 10, a pochi passi da via Palazzo. E così nel primo martedì di prova, una decina tra commercianti e commesse si sono date appuntamento intorno alle 12.45, il tempo di indossare l’iconico gonnellino e immergersi in coreografie sensuali e sinuose volte a tirare fuori la femminilità delle allieve. «L’idea del gruppo è stata mia - spiega Valentina, 49 anni, titolare del negozio di giocattoli -. Tra qualche mese compirò 50 anni e mi sono resa conto di averli dedicati a lavoro, marito e figli. Volevo un momento che fosse tutto per me e visto che la sera mi è impossibile per impegni familiari, ho pensato alla pausa pranzo coinvolgendo le mie amiche commercianti. L’idea di scegliere questa disciplina è venuta per caso, la scuola è vicino alle nostre attività e poi volevamo qualcosa che ci facesse uscire dalla nostra comfort zone. Io personalmente sono un ‘tronchetto’. Mi piace l’idea di far venir fuori il mio lato più femminile, quello che spesso dimentichiamo per stare dietro a tutte le incombenze giornaliere. La danza del ventre ci obbliga a rimetterci in gioco come donne».
Tra le nuove leve anche Valeria, mamma 29enne, estetista in via Miranese. «Era il mio sogno, mi trovo a mio agio. Ci sono dei movimenti molto sinuosi che ti fanno sentire bene».
Al primo martedì si presentano una decina di aspiranti ballerine. Si tratta di una lezione propedeutica in cui l’insegnante e fondatrice della scuola Emanuela Camozzi, 48 anni, cerca di trasmettere alle nuove allieve i fondamenti di una cultura antica nata in Egitto. «Grazie all’articolo già uscito sul Gazzettino – spiega Emanuela - ho ricevuto nuove adesioni. Ogni volta che in sala entra un gruppo di ‘neofite’ sono emozionata. Le vedo arrivare intimidite e dopo qualche mese trasformarsi, acquisendo una maggior sicurezza di sé. Con la danza del ventre ti ritrovi a muovere parti del corpo come pancia e bacino intorno alle quali a volte si creano dei tabù. Le allieve si iniziano a sentire più donne, riscoprono la dolcezza, la sensualità, il giocare con i capelli. Tutti aspetti assopiti con il tram tram di tutti i giorni. L’età è varia, principalmente dai 25 ai 50. Ma ho anche allieve di 70 anni». 

LA MAESTRA

Emanuela, 48enne veneziana, ha iniziato a praticare danza del ventre 25 anni fa, durante un viaggio di lavoro in Egitto dove era impiegata come hostess in un villaggio turistico. E da lì non ha più smesso. «Ho aperto la prima scuola dedicata a danze etniche e mediorientali di Venezia Mestre. Qui ho 80 allieve, ma sono sempre in giro per insegnare in istituti di tutta Italia». 


Al termine della lezione le allieve escono soddisfatte e c’è anche chi chiede di allenarsi due volte alla settimana. Solo un fuori programma: durante la dimostrazione dell’insegnante “fa irruzione” una vicina di casa con indosso ancora il grembiule da cucina. L’anziana si lamenta per la musica troppo alta «non riesco a dormire», dice. Fortunatamente, la signora si calma in fretta. La danza del ventre è salva. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino