Mestre. Pestaggio mortale in ascensore, accuse da ergastolo. Fissato il processo in assise: la difesa tenterà il rito abbreviato

Un trentaduenne di Salzano, scambiato per un ladro, fu inseguito, chiuso e massacrato di botte

Il luogo dell'omicidio
MESTRE - La Procura ha chiuso con rito immediato l'inchiesta per l'uccisione di Lorenzo Nardelli, il trentaduenne di Salzano massacrato di botte, lo scorso 9 agosto,...

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MESTRE - La Procura ha chiuso con rito immediato l'inchiesta per l'uccisione di Lorenzo Nardelli, il trentaduenne di Salzano massacrato di botte, lo scorso 9 agosto, all'interno di un ascensore nel condominio Bandiera, in via Rampa Cavalcavia 9, a Mestre, dopo essere entrato per errore in un appartamento e scambiato per un ladro.


Il pm Stefano Buccini contesta a due cugini di nazionalità moldava, Radu e Marin Rusu, rispettivamente 32 e 35 anni, tutt'ora in carcere, l'imputazione di omicidio volontario, aggravato dalla crudeltà con la quale hanno infierito sul corpo della vittima, con calci e pugni, provocando un trauma cranico, con emorragia cerebrale. Come conseguenza dell'aggravante, il reato diventa punibile con l'ergastolo e, di conseguenza, il processo è stato fissato direttamente di fronte alla Corte d'Assise, saltando l'udienza preliminare, come prevede il rito direttissimo: prima udienza il 21 febbraio.

I difensori dei due imputati, gli avvocati Giorgio e Luca Pietramala, hanno annunciato che chiederanno al gup di ammettere i loro assistiti al rito abbreviato, previa esclusione dell'aggravante della crudeltà che non consente di accedere al rito alternativo, in base al quale, in caso di condanna, viene garantito lo sconto automatico di un terzo della pena. Spetterà al gup, dunque, esprimendosi nelle prossime settimane.

FATALI COINCIDENZE

Le indagini hanno ricostruito una serie di fatali coincidenze, risultate decisive nella drammatica conclusione della vicenda. La sera del 9 agosto, infatti, Lorenzo Nardelli imboccò la scala sbagliata del condominio di via Rampa Cavalcavia e così, invece di arrivare di fronte alla porta dell'abitazione della donna con cui aveva un appuntamento, si trovò sul pianerottolo parallelo, dove si affacciava l'appartamento dei cugini Radu e Marin Rusu i quali, fatalità, avevano lasciato la porta socchiusa, senza rendersene conto. Nardelli entrò e non vide nessuno perché la cucina non era agibile a causa di alcuni lavori in corso: percorse dunque tutto il corridoio ed entrò nella camera da letto collocata alla fine dell'appartamento, dove i due operai di origine moldava erano già alticci, avendo trascorso la serata a bere. Quando videro improvvisamente apparire l'intruso gli si scagliarono contro credendolo un malintenzionato (i tre non si erano mai incontrati né conosciuti prima).

PESTAGGIO BRUTALE

Di fronte alla reazione violenta dei proprietari di casa, Nardelli cercò di fuggire, ma fu inseguito dai due cugini, prima sul pianerottolo e quindi all'interno dell'ascensore, nel quale il trentaduenne di Salzano aveva cercato di trovare rifugio. E proprio all'interno dell'ascensore è avvenuto un "pestaggio brutale", a mani nude: nel capo d'imputazione viene contestato ai due cugini di aver infierito su Nardelli "in tutte le parti del corpo, senza che questi avesse possibilità di scampo essendo tutti e tre bloccati all'interno, e per la particolare violenza esercitata, causa di inutili sofferenze".
L'autopsia ha accertato lesioni al "capo e al volto, con grave trauma cranio-facciale", e diffuse emorragie; ma anche agli arti inferiori e "al tronco, con molteplici fratture costali" contusioni e "stravasi emorragici dei viscerali toraco-addominali".


La difesa, fin dall'inizio, ha sostenuto che la posizione di Marin Rusu è più defilata, in quanto non avrebbe partecipato materialmente al pestaggio, e che in ogni caso la coppia ha reagito con violenza all'ingresso di uno sconosciuto nel loro appartamento, circostanza che fornirebbe una giustificazione, almeno parziale, al loro comportamento. La procura ribatte sottolineando che il feroce pestaggio è avvenuto all'esterno dell'appartamento, dopo un inseguimento fino al pianerottolo, circostanza che non ha nulla a che fare con un'ipotesi di possibile legittima difesa. La parola passa ai giudici. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino