Mercato cittadino sempre più in crisi: «Ormai sono spariti tre banchi su dieci»

Un'immagine del mercato di Treviso che si tiene il martedì e il sabato
TREVISO - Sempre meno facce, ma soprattutto sempre meno facce conosciute: il mercato di Treviso non è più come una volta. Di clienti se ne vedono meno rispetto a...

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TREVISO - Sempre meno facce, ma soprattutto sempre meno facce conosciute: il mercato di Treviso non è più come una volta. Di clienti se ne vedono meno rispetto a trenta o più anni fa, ma anche i commercianti trevigiani doc sono in diminuzione, sempre più rimpiazzati da volti stranieri. Al di là dei rincari e delle conseguenze del Covid, che hanno ridotto la capacità d’acquisto dei trevigiani, i problemi a detta dei commercianti sono l’abbassamento della qualità dei prodotti e della professionalità, i giovani che preferiscono orientarsi verso altri lavori e la concorrenza dei venditori stranieri. 

 

LA QUALITÀ

«Più che meno banchi, ci sono meno banchi di italiani. Ormai sono quasi tutti extracomunitari, ma la qualità della merce non è la stessa. E soprattutto la svendono: se loro vendono vestiti usati a 3 euro, io con la mia merce di qualità come faccio a essere competitivo? Questo uccide il mercato - spiega Maurizio, che dal 1974 porta avanti il suo banco di abbigliamento intimo - Le cose sono cambiate moltissimo: una volta dovevi fare una scuola per avere la licenza o collaborare per un tot di anni con chi faceva questo mestiere già da tempo. Adesso tutto questo non c’è più e dietro il banchetto ti trovi commercianti, soprattutto stranieri, senza alcuna professionalità né formazione, con prodotti, tra l’altro, di bassissima qualità. Così si abbassa il livello di tutto il mercato, il cliente non trova più le cose di una volta e non viene più». 


LA CONCORRENZA

È preciso nel delineare il quadro della situazione Moreno Castello, che è da oltre 40 anni nel mestiere con la sua bancarella di borse e cappelli. D’accordo con lui è la sua vicina di banco Sandra Baldan, che aggiunge: «Un’altra mazzata ci è arrivata da Amazon e dall’e-commerce: per i clienti sono più comodi, ma vuoi mettere con la bellezza di fare un giro al mercato, prendersi un caffè e farsi una chiacchiera con la gente e coi venditori?». Ridurre il mercato a un mero vendere e comprare significa, infatti, sminuirne di gran lunga l’importanza per la vita sociale della città e dei suoi abitanti. «Noi commercianti scegliamo con cura i nostri prodotti e come esporli, consigliamo i clienti sulla vestibilità, diamo quel contatto umano che non puoi sostituire con un semplice click» continua Daniela, che è anche dell’opinione che bisogna incentivare i cittadini a comprare locale: «Vanno valorizzati i prodotti del territorio. Per renderlo più comodo ai trevigiani dovrebbero fare un parcheggio sotterraneo qui in città: tanti non vengono al mercato scoraggiati dall’ardua impresa di trovare un posto libero per la macchina». 


LE CAUSE

Tante le cause citate, ma i venditori sono tutti sono concordi nell’affermare che il mercato sta peggiorando, complice anche, secondo Maurizio, il cambio generazionale: «I giovani oggi non hanno voglia di prendersi questa responsabilità: vogliono lavorare poco, avere i weekend liberi e guadagnare tanto. Fare il nostro lavoro non è semplice: devi alzarti alle 5 del mattino e lavorare anche durante le feste e più di 1.200 euro al mese non te li porti a casa: i giovani preferiscono farsi la serata in discoteca». Circa il 30% di banchi in meno rispetto a un tempo: è la sua stima. «Prima il mercato era un evento, un luogo di socialità. Adesso invece sono tutti seri: sembra un funerale - commenta Giuseppina Andreola da dietro il suo banco di fiori che la accompagna da oltre 60 anni - Il problema c’era già prima del Covid: c’è poco assortimento nell’offerta e tanti stranieri che vendono sempre le stesse cose. È la proposta ad essere sbagliata». A spiegare il motivo del calo della qualità dei prodotti è Roberto Gazzetto, proprietario dal 1991 di un banco di abbigliamento: «Prima dell’arrivo dei cinesi nel 2005 il mercato era bello perché potevi rifornirti da ditte italiane. Adesso, invece, trovi merce all’ingrosso solo da negozi cinesi: anch’io ho dovuto adattarmi. La gente viene meno perché trova sempre le stesse cose e di qualità inferiore». 

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Il Gazzettino