VENEZIA - Il suo libro “Storia do Mogor”, che contiene i viaggi e le avventure di una vita, dettato contemporaneamente a una dozzina di copisti in lingue diverse nel...
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Nato a Venezia nel 1638, primo di cinque figli della modesta famiglia di un macinatore di pepe, non ancora quattordicenne si trasferisce a Corfù presso uno zio mercante, ma questo è evidentemente ancora troppo poco per soddisfare la sua voglia di avventura: così si imbarca clandestinamente su una tartana inglese diretta a Smirne, scampando al rischio di essere gettato in mare grazie all'intervento di Henry Bard, visconte di Bellomont.
È l'incontro fortuito che gli cambia la vita: al seguito dell'inglese attraversa l'Anatolia, il mar Caspio, la Persia e gran parte dell'India fino ad arrivare a Delhi. Ma Bellomont muore improvvisamente e il veneziano – ottenuto un incontro con il principe Dara Shikoh, primogenito del Mogol – entra nell'esercito imperiale come artigliere. Manucci vive un'altra, nuova vita: coinvolto nella lotta di successione al trono tra Dara e il fratello Awrangzeb finisce dalla parte degli sconfitti e – unico fra tutti gli europei coinvolti nei combattimenti a rifiutare l'amnistia – si rimette in viaggio per il Kashmir e poi per il Bengala, dove le sue insospettabili doti diplomatiche permettono ai gesuiti di costruire una chiesa. Riconoscenti, i chierici gli offrirono un incarico di portavoce presso il Mogol, assieme a un matrimonio vantaggioso...
Ma la sete di avventure di Manucci è lontana dal placarsi e il veneziano si rimette in viaggio verso le regioni centrali dell'impero iniziando a praticare la medicina, disciplina che non aveva mai smesso di studiare. La sua fama si accresce in breve tempo, e il veneziano racimola una discreta fortuna che dissipa completamente intraprendendo una fallimentare attività mercantile a Bombay. Riesce a evitare – ancora come diplomatico – un nuovo scontro tra il Mogol Awrangzeb e Maratha Sivaji, a capo della fazione induista e dopo alcune peripezie si rimette in viaggio, per una nuova ulteriore vita: raggiunge Goa, allora colonia portoghese e il 29 gennaio 1684 con la sua diplomazia la salva dalla minaccia dell'esercito di Sambhaji, figlio di Sivaji, meritandosi l'onorificenza dell'ordine di Santiago.
Decide che per il momento può bastare: si sposa con l'anglo-portoghese Helizabet Hartley, rinuncia per sempre a tornare nella sua Venezia e si dedica – oltre che alla medicina – alla stesura delle sue memorie, grazie alle quali noi abbiamo uno spaccato affascinante e fedele della vita in India e in Medio Oriente lungo la seconda metà del Seicento.
Il libro, che circola come manoscritto in diverse lingue, assume presto il titolo di “Storia do Mogor”, ed è arricchito da numerose miniature, ma non sarà pubblicato prima del 1907. Uno di questi manoscritti – consegnato all'inizio del Settecento al Senato della Serenissima – si trova oggi alla Biblioteca Marciana. Nel 1706 alla morte della moglie si trasferisce sulla costa orientale del Deccan francese. Muore nel 1717. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino