Giorgia, 28 anni: «Io, guardia medica per 12 ore al giorno, ormai è una missione»

Giorgia Franceschin una dottoressa di 28 anni
PORDENONE - Dicono che i giovani medici non siano disposti al sacrificio. Che privilegino il privato (più comodo e remunerativo), che non vogliano lavorare di notte o...

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PORDENONE - Dicono che i giovani medici non siano disposti al sacrificio. Che privilegino il privato (più comodo e remunerativo), che non vogliano lavorare di notte o fare turni infiniti. Che siano meno appassionati di una volta. Ma come sempre, in un concetto forse valido nei grandi numeri, c'è la smentita. Nei fatti. E la storia in questo caso arriva da uno dei territori più in sofferenza - se si parla ad esempio di guardie mediche - del Friuli, cioè il Pordenonese. Giorgia Franceschin è una dottoressa di 28 anni che ha scelto una missione. È quella di garantire l'assistenza sul territorio, nonostante minacce, difficoltà e turni massacranti.

Dottoressa Franceschin, perché proprio il servizio di guardia medica?
«Il percorso l'ho scelto subito dopo la laurea, conseguita due anni fa. Mi sono proposta immediatamente. Volevo un'esperienza che fosse formativa, che mi facesse davvero capire il mestiere. Poi, con il Covid, ho fatto parte anche delle Unità speciali di continuità assistenziale».

Eppure di colleghi come lei ce ne sono pochi. Perché?
«È vero, anche qui a Pordenone l'organico è sottodimensionato. Siamo in pochi e l'utenza è grande. Non si tratta di un mestiere facile, ci sono rischi e giornate infinite».

Allora immergiamoci nel mestiere, ci racconti una giornata tipo di una guardia medica in Friuli...
«Premetto e ripeto: io questo lavoro lo amo e lo faccio molto volentieri. Però alla fine di dodici ore di lavoro arrivi che sei uno straccio. Sei sfinito, letteralmente».

Partiamo dai giorni feriali?
«Sono forse i più duri. Si inizia a lavorare solitamente alle otto di sera e si stacca il turno alle otto del mattino. Sono dodici ore molto intense. Poi arrivano il sabato e la domenica».

Proprio i giorni che tanti vogliono evitare...
«Nei festivi si parte alle dieci del mattino, ad esempio il sabato, e si finisce di lavorare alle otto di sera. Il turno successivo inizia sempre alle 20 e si chiude alle otto del mattino del giorno dopo. La domenica, invece, si parla di dodici ore e basta durante il giorno, dalle otto del mattino alle otto di sera».

Lo sforzo è grande, lei considera il suo mestiere come una missione?
«Ricordo che mia nonna un giorno si sentì male. Fu una guardia medica a consigliarla. Ho capito in quel momento l'utilità del servizio».

Come la descriverebbe questa utilità?
«È la vicinanza al territorio, oltre che un filtro fondamentale che si frappone tra la medicina generale e il Pronto soccorso. Una brava guardia medica è in grado di sgravare i reparti d'urgenza e di dare risposte ai cittadini».

Quindi un'esperienza assolutamente da consigliare...
«Al 100 per cento sì. Si ha anche l'occasione di conoscere colleghi con più anni di professione alle spalle e si impara il mestiere sul campo».

Non ci sono anche dei rischi?
«Ci sono, soprattutto di notte. Io non ho mai voluto fare un turno notturno da sola. Non mi fido, è sempre meglio avere un collega nella stanza a fianco, per ogni eventualità. Lo stesso concetto dovrebbe essere valido anche di giorno».

Quali sono i pericoli?
«Come guardia medica, capita un po' di tutto. Abbiamo anche pazienti psichiatrici che comunque dobbiamo aiutare. Ma da soli non è sempre facile o sicuro. C'è anche la paura di essere aggrediti».

Le è capitato?
«Verbalmente sì, fisicamente fortunatamente no».

Qual è l'atteggiamento che riscontra nei pazienti?
«Purtroppo sempre più spesso notiamo aggressività verbale e minacce velate. C'è chi crede di poter ordinare a noi che medicina prescrivere, che trattamento somministrare. E se non lo facciamo minacciano di adire le vie legali».



 

 

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Il Gazzettino