Veneto, i medici di base alla Regione: «Più ambulatori integrati»

Veneto, i medici di base alla Regione: «Più ambulatori integrati»
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VENEZIA  - Aumentare il numero delle medicine di gruppo integrate, dove i medici sono affiancati da infermieri e segretari, con la dovuta dotazione di strumenti; formare il personale di studio che di fatto è il front office dell'accoglienza; definire il ruolo unico derivante dalla fusione con le guardie mediche perché ci sia effettiva continuità di servizio per tutto il giorno. Sono le tre linee guida d'indirizzo che la Fimmg, Federazione italiana dei medici di medicina generale, mette sul tavolo in vista dell'incontro convocato in Regione per il prossimo 12 dicembre, per discutere del futuro della medicina generale. A fare il punto è stato, ieri a Mestre, il segretario regionale Maurizio Scassola, assieme a quello nazionale Silvestro Scotti, a margine dell'assemblea dei camici bianchi di famiglia della provincia di Venezia.


I NUMERI
In Veneto ci sono 2.776 medici di medicina generale. Le zone scoperte sono attualmente 450, ma entro tre anni potrebbero salire a 700. Molti medici hanno accettato l'aumento del massimale degli assistiti da 1.500 a 1.800, anche 2 mila, numeri che non agevolano i rapporti tra curante e curato. «E il normale ricambio dice Scassola non basta: un medico su cinque che dopo la laurea si iscrive al corso triennale di formazione per la medicina generale, non finisce gli studi. Mentre un altro quinto, pur finendoli, decide di non fare il medico di medicina generale, dedicandosi ad altro, ad esempio la libera professione nel privato, molto più remunerativa». Senza dimenticare chi prova a intraprendere la professione, ma getta la spugna nel giro di poco tempo. Ad aggravare la carenza di medici, sono i pensionamenti: molti scelgono di andare via anche prima dei 68 anni.
Scassola sottolinea che «il 40% dei medici lavora ancora da solo, vecchio stile, e appena il 23% è inserito in una medicina di gruppo integrata. Un'organizzazione, quest'ultima, che non decolla per una precisa volontà politica e perché la Corte dei conti ha messo un limite alla spesa pubblica. Eppure la strada dev'essere quella, con personale di studio numericamente all'altezza di compiti sempre più gravosi e dotazioni strumentali adeguate alla diagnostica di primo livello. Mentre nelle zone più decentrate, come la montagna del bellunese o il delta polesano, andrebbero introdotti dei microteam, una rete di ambulatori che riunisca almeno 5 medici di uno stesso territorio, dove ci sia la possibilità di avere personale di studio condiviso».
STIPENDI


L'incontro in Regione è atteso anche perché aprirà la trattativa sul nuovo Accordo Integrativo Regionale alla luce di quello nazionale, relativo al biennio 2016-2018, siglato, sempre in ritardo, all'inizio di quest'anno. Non è escluso lo stato di agitazione. «È francamente inaccettabile sostiene il segretario nazionale Scotti la totale assenza di misure a sostegno dei medici di medicina generale nella nuova Legge di Bilancio. Abbiamo redditi fermi da 4 anni, ma i costi sono aggiornatissimi. Se nessuno ci ascolterà, siamo pronti alla mobilitazione, anche con la serrata dei nostri studi». E a proposito dello stipendio, Scotti avvisa: «Bisognerebbe rivedere i criteri del rimborso, oggi pari a 48 euro per paziente in carico. Sarebbe meglio introdurre una modulazione a seconda delle necessità assistenziali: un paziente di 30 anni che non si sente e non viene mai, non può essere rimborsato al pari di un anziano che magari ha bisogno di un consulto tutti i giorni».

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Il Gazzettino