Medici di base e pediatri, 60 posti vacanti: le diffide e il caos

Medici di base e pediatri, 60 posti vacanti: le diffide e il caos
TREVISO Mancano 60 camici bianchi tra medici di famiglia e pediatri: scatta la riorganizzazione dei servizi negli ambulatori della Marca. Il 31 agosto l'Usl presenterà...

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TREVISO Mancano 60 camici bianchi tra medici di famiglia e pediatri: scatta la riorganizzazione dei servizi negli ambulatori della Marca. Il 31 agosto l'Usl presenterà ai sindaci il nuovo piano per cercare di sfruttare al meglio una coperta che comunque resta troppo corta. «Condivideremo le possibili soluzioni con i primi cittadini», conferma Francesco Benazzi, direttore generale dell'azienda sanitaria. Alle carenze sono da aggiungere gli eventuali medici sospesi perchè volontariamente non si sono sottoposti al vaccino. Già diffidati, a breve potrebbero dover interrompere il servizio. Tradotto sul territorio significa quattromila trevigiani senza medico di base.


I NUMERI

Oggi in provincia mancano 60 camici bianchi: cinquanta dottori di base e dieci pediatri. Dopo i pensionamenti e le nuove assegnazioni, per quanto riguarda i medici di famiglia sono 25 le caselle rimaste vuote nel distretto di Treviso, 13 in quello di Pieve di Soligo e 12 nel distretto di Asolo. I buchi al momento vengono coperti con incarichi temporanei. Ma nemmeno questi sono sufficienti. Diversi medici hanno lasciato dopo pochi mesi. E in alcuni casi i cittadini sono stati costretti a cambiare riferimento in ambulatorio anche per tre volte in un anno. In più, bisogna tenere conto dei medici di famiglia che non si sono vaccinati contro il Coronavirus, senza un valido motivo, e che ora rischiano di essere sospesi, con il relativo taglio dello stipendio. Nello specifico, l'Usl ha diffidato 5 dottori di base dando loro sette giorni di tempo per sottoporsi all'iniezione. Se non lo faranno, oltre 4mila cittadini dovranno essere assegnati ad altri medici in servizio. «Non ci sono alternative sottolinea Benazzi che rassicura i cittadini ma nessuno verrà lasciato da solo». Sono nella stessa situazione anche 6 medici di guardia medica. In questo contesto, la riapertura della sede della guardia medica di Paese, inizialmente prevista per settembre dopo la chiusura di inizio luglio proprio a causa della carenza di personale, ora slitta a data da destinarsi. Come potranno essere riorganizzati gli ambulatori? 


LE IPOTESI

Sui dettagli le bocche sono cucite. Stando a quanto emerso dopo gli ultimi incontro, però, in buona sostanza l'Usl chiederà a ogni medico di seguire più persone, passando stabilmente da 1.500 a 1.800 assistiti. Anche i pediatri potrebbero aumentare la loro quota di assistiti. In prospettiva si guarda pure alla definitiva introduzione dell'infermiere di famiglia. Per l'Ordine delle professioni infermieristiche di Treviso è la strada giusta. Dal canto proprio, però, i sindacati dei medici di famiglia hanno già sottolineato che gli infermieri dovrebbero sempre collaborare con gli stessi dottori. Infine, si apre alla possibilità di inviare gli specialisti degli ospedali negli ambulatori del territorio, in particolare i medici in vista della pensione. Non è impossibile. Anzi, ad alcuni specialisti l'idea piace. L'azienda sanitaria, però, farà di tutto per evitare questa ultima opzione. Anche perché non ci si può dimenticare che gli ospedali, oltre a essere ancora chiamati ad affrontare l'emergenza Coronavirus, devono recuperare tutte le visite, gli esami, i ricoveri e gli interventi chirurgici non urgenti rinviati durante i picchi peggiori dell'epidemia. 


IL PIANO

L'Usl ha messo a punto un piano da oltre 4,5 milioni di euro per dare una risposta entro la fine dell'anno alle 13.195 visite e ai 12.294 ricoveri in attesa. Senza scordare gli oltre 17.500 screening oncologici. Per il recupero sono state messe in conto 34.700 ore aggiuntive di servizio di medici e personale sanitario, un aumento delle attività nelle strutture private convenzionate, in particolare per quanto riguarda la radiologia, e accordi con altre aziende sanitarie, a partire da quelle di Belluno e San Donà, più l'Istituto oncologico veneto, per poter inviare loro pazienti che hanno bisogno di prestazioni di gastroenterologia e allo stesso tempo per poter contare su un numero maggiore di anestesisti. 
 

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Il Gazzettino