Malga chiusa per un cavillo. Mauro Corona non ci sta e attacca: «Cultura italiana del disfare»

La vicenda diventerà “nazionale”, lo scrittore è deciso a denunciarla anche nella trasmissione “Carta Bianca”, su Rai Tre, martedì prossimo

Malga chiusa per un cavillo. Mauro Corona non ci sta e attacca: «Cultura italiana del disfare»
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AURONZO (BELLUNO) - «Voglio denunciare, e lo farò anche in televisione, la cultura italiana del disfare, quella che si aggrappa a cavilli che non hanno alcun senso. E la vicenda che riguarda Malga Rin Bianco rappresenta l’ennesima infamia». Nessun dubbio per Mauro Corona, che conosce la storia dalle origini, tornata a galla dopo otto anni. Sotto al riflettore vi è il paradosso di una struttura ricettiva, a Misurina (a 1.875 metri di quota, in Comune di Auronzo di Cadore), che rischia di non poter aprire. In prossimità della stagione estiva, infatti, è piombata sulla testa del gestore di Malga Rin Bianco, Andreas Quinz, la sentenza del Consiglio di Stato al quale si rivolse, per l’appunto otto anni fa, Davide Zandegiacomo Riziò adducendo irregolarità nella assegnazione della malga di proprietà del Comune, ente che è deciso ora a seguire il provvedimento che ribalta la sentenza precedente del Tribunale amministrativo regionale, dando ragione al ricorrente. Il quale, però, intanto ha preso altra strada e non è più interessato alla gestione di Malga Rin Bianco che, in una piana destinata all’alpeggio, fu avamposto della Serenissima Repubblica di Venezia dal 1420 ed adibita ad ospedale militare durante la Grande Guerra.


Malga chiusa, il post Facebook


Mauro Corona sapeva già della querelle da settimane, cioè prima che venisse scoperchiata due giorni fa da un post su facebook di Andreas Quinz, cuoco e sommelier che aveva vinto il bando sette anni fa stipulando il contratto con l’Amministrazione Comunale di Auronzo. E butta acqua sul fuoco su ipotetiche rivalità o rivalse tra Quinz e Zandegiacomo: «Sono amici – garantisce Corona – e adesso salta fuori questa storia vecchia. Nei fatti Zandegiacomo ci aveva rinunciato, aveva già detto ad Andreas “la Baita è tua”. Lui, insomma, non la vuole. Ma, come è prassi, il Comune ha mandato avanti la pratica». Quindi la precisazione: «Entrambi sono belle persone. E il problema non sta nel loro rapporto, ma nella lentezza dei nostri tribunali». E’ lo stesso Quinz a delineare in semplicità lo stato dell’arte: «Per dirla con paragone calcistico: è come se, per un rigore non dato otto anni fa, si dovesse rigiocare la partita con gli stessi giocatori e tutti i campionati successivi fossero invalidati. Ora attendo in disparte, costretto a tenere chiusa l’attività, per sapere se sono ancora nel diritto del contratto o se sono un abusivo».


La denuncia di Corona a Carta Bianca


La vicenda diventerà “nazionale” con Mauro Corona deciso a denunciarla anche nella trasmissione “Carta Bianca”, su Rai Tre, martedì prossimo. «Ci vado per questo, per dare voce a chi non ce l’ha». Lo farà puntando il dito verso “le farraginose regole italiane”: «Dietro c’è un investimento non da poco. E ora togli al gestore la Baita, che è, tra l’altro, l’unica in alta montagna ad offrire una sala biblioteca con 2000 volumi?» Biblioteca che è stata aggiunta nel 2017, nella struttura, alla “Stube e al bar “La marenda”. Mauro Corona sostiene che si può trovare una via d’uscita. La soluzione, per rimettere le cose a posto, ce l’ha: «Bisogna trovare un buon avvocato». E fa, pure, un nome: «Maurizio Paniz, che su queste cose è un genio. Ha risolto un problema analogo alla Baita Misurina dove la faccenda riguardava un altoatesino che la voleva».


Il legame d’affetto tra lo scrittore di Erto e la famiglia Quinz non è un segreto: Tant’ è che nel romanzo “Quattro stagioni per vivere” (Mondadori,2022) il protagonista passa per la malga-locanda Rin Bianco: “Giunsi a Misurina verso l’imbrunire. I Quinz, contenti di rivedermi, offrirono la cena e un buon letto. A quella brava gente non serviva segnalare che ero senza soldi.” E ancora, pagine più avanti parla sempre il protagonista: “Il giorno dopo rinunciai all’Austria e tornai dai Quinz. Avevano legna rimasta nel bosco dall’autunno e due braccia potevano servire. Mi offersi di dare loro una mano. Furono contenti. Rimasi in quel paradiso terrestre un mese.” Ora quel paradiso terrestre, tra lago di Misurina e Tre Cime di Lavaredo, rischia di non offrire al turismo un punto di appoggio. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino