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PORDENONE - Il professor Umberto Tirelli (26 apparizioni), Donatella Di Rosa, Federico Tavan, Antonella Santarelli, Dalila Di Lazzaro, i fratelli Marco e Remo Anzovino, il fisarmonicista Gianni Fassetta. Sono solo alcuni dei personaggi regionali che hanno calcato il palcoscenico del Maurizio Costanzo Show, condotto dal popolare giornalista e conduttore, ma anche autore di canzoni di successo, il talk show più longevo della televisione italiana, dall’alto delle sue 42 edizioni.
REMO ANZOVINO
«Ci ha “scoperti” quando ancora nessuno ci conosceva - racconta il compositore e pianista Remo Anzovino - per noi ha fatto modificare il parterre del Teatro Parioli di Roma per tre puntate, allestendo un apposito palco centrale. Era il 2008, eravamo in tre: io, mio fratello Marco e il noto fisarmonicista pordenonese Gianni Fassetta. Avevamo appena pubblicato, assieme, l’album “Tabù”, Costanzo aveva avuto modo di ascoltarlo e ne era rimasto rapito, tanto che in occasione della nostra prima apparizione nel suo show esclamò: «molti dicono che non c’è più qualità nella musica di oggi, ma cercatela e troverete esempi come questo...
MARCO ANZOVINO
«Ci trattò benissimo - ricorda il fratello Marco, anche lui compositore e chitarrista - ci trattò meglio di ospiti di grosso calibro. Si assicurava che avessimo tutto quello che ci serviva. Venne anche a trovarci in camerino per complimentarsi con noi. Era un maniaco della perfezione e controllava tutto, a partire dalla scelta degli ospiti alle scene. Grazie a quelle apparizioni i nostri concerti successivi ebbero un grandissimo successo».
UMBERTO TIRELLI
Il professor Tirelli, già primario, per tantissimi anni, del Cro di Aviano, ora direttore scientifico e sanitario della Tirelli Medical, è uno dei “veterani” della trasmissione condotta da Costanzo: è stato ospite di ben 26 puntate. «Costanzo è stato il primo a permettermi di parlare, in televisione, di patologie come la Sindrome da stanchezza cronica, fibromialgia, long Covid, quando ancora erano poco riconosciute, se non ignorate. Ci eravamo conosciuti perché un loro giovane amico, malato di tumore, al quale al Policlinico Gemelli di Milano non avevano dato speranze di vita, era stato curato con successo da me al Cro di Aviano. L’ho visto, l’ultima volta, il 17 novembre dell’anno scorso. Già si vedeva che non stava molto bene fisicamente, mentalmente era sempre lucidissimo e aveva una memoria di ferro, faceva fatica a camminare, ma non voleva utilizzare alcun ausilio. La sua morte per tutti noi è una grande perdita».
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Il Gazzettino