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TREVISO - «Non perdono. Oggi come oggi, no. In futuro non lo so». A un mese esatto dalla morte di suo figlio, Mattia Battistetti, il 23enne vittima del terribile incidente sul lavoro nel cantiere di via Magellano, la mamma Monica Michielin ha voluto parlare ai microfoni dell’emittente Antenna Tre per ricordare chi era Mattia, e cosa ha donato agli altri, andandosene. Ma alla domanda se perdoni i responsabili della morte del ragazzo quando ancora, va ricordato, delle responsabilità non sono state accertate, la risposta è no. «Cristianamente - dice - non mi sento di perdonare». Esita e aggiunge: «Mi sono messa in dubbio anche come persona, non era questo il mio cuore, ma chi mi ha portato via mio figlio non posso perdonarlo». In quella casa, in cui Mattia al mattino portava il sole alla mamma, al papà e alla sorella, dal 29 aprile, dal giorno dell’incidente, tutto si è fermato. E non può essere altrimenti di fronte a una disgrazia così grande, a una perdita che è emotiva e fisica allo stesso tempo, come se a morire fosse anche chi rimane.
IL RICORDO
«Mattia era una persona speciale, un ragazzo buono, solare, ce lo hanno dimostrato in tanti in questo periodo – ricorda la mamma – Si dava agli altri, aiutava chi era in difficoltà, manca a tante persone».
LE INDAGINI
Per la morte di Mattia ci sono attualmente nove indagati per omicidio colposo. «Cosa chiedo alla giustizia? Di fare giustizia, per Mattia, che era un giusto in questo mondo, e credeva veramente nella giustizia, non sopportava i soprusi. Ha sempre combattuto per la giustizia ed è questo che faremo anche noi per lui. Già dobbiamo dire un grande grazie a chi sta indagando, visto che nel giro di un mese si è passati da due indagati a nove. Chi ha sbagliato deve pagare». Nessuno, dice, si è fatto avanti per porgere, quantomeno, delle scuse. «Nessuno è venuto da noi. So che qualcuno si è fatto sentire tramite gli avvocati. Ma nessuno è venuto qui». Il giorno del funerale, mamma Monica aveva ricordato davanti a tutti di aver chiesto tante volte a Mattia di cambiare lavoro, dicendogli che era troppo pericoloso. Lui non ne voleva sapere, amava in lavoro in cantiere, all’aria aperta. «La nostra paura era quella che cadessi, non che una fune si tranciasse», aveva detto Monica. E aveva concluso quella straziante lettera al figlio con una promessa che la famiglia ha ribadito di essere intenzionata a mantenere: «Ti garantisco che fin che avremo vita faremo onore alla tua persona e chi ha sbagliato pagherà».
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Il Gazzettino