PONTE NELLE ALPI - Nel corso del 2019 sono stati 14 i matrimoni celebrati a Ponte nelle Alpi, di questi soli due in chiesa: uno a Polpet, l’altro a Cadola. È questo...
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La fotografia demografica, al 31 dicembre scorso, fissa in 8.210 i residenti, 22 unità in meno rispetto all’anno precedente. Una cifra cui contribuiscono anche i 60 ospiti non autosufficienti della Casa di Riposo, la metà dei quali provenienti da fuori comune ma residenti a Ponte. Infine, la popolazione è composta da 7.753 italiani e da 457 stranieri. Un calo tutto sommato contenuto e che si registra nonostante il territorio di Ponte nelle Alpi, anche grazie alla posizione baricentrica, continui a mantenere una forte capacità attrattiva come certificano i dati che si riferiscono alle nuove iscrizioni all’anagrafe. In questo caso infatti nel corso del 2019 i nuovi arrivi, cioè i nuovi residenti, sono stati 327, a fronte di 292 cancellazioni dall’anagrafe comunale ad altro Comune italiano o all’estero.
Per quanto riguarda quindi queste due voci, il saldo è positivo (+35). Ma a collocare in campo negativo il confronto fra l’anagrafe pontalpina del 2018 e quella del 2019, è il saldo fra nati e morti. I primi sono solo 42; questi sono stati più che doppiati dai morti, 99. Il saldo è negativo (-57) e spiega la contrazione della popolazione.
«Mi pare di poter dire che il nostro Comune possa ancora mettere in campo dei dati che in qualche modo ci consolano – dice il sindaco Paolo Vendramini – ma i numeri si inseriscono all’interno di una provincia che a causa dello spopolamento perde circa 1.600 abitanti ogni anno. Un fenomeno che a sua volta si inserisce in una più vasta crisi di natalità che interessa l’intero Paese».
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Poi il primo cittadino allarga i ragionamento: «Si stanno costruendo liste per le prossime elezioni provinciali di febbraio: chi si presenterà ha il dovere di ragionare su questo calo demografico, che è già stato preso in considerazione dalla Provincia, per poi mettere in campo quelle forme e quei provvedimenti capaci di contrastare il fenomeno. Appare sempre più forte il gap morti-nati. È il momento di pensare a strategie sovracomunali, perché i singoli Comuni da soli non ce la fanno. Ed è un fenomeno che ha delle ricadute anche a livello scolastico con sedi e plessi che continuano a chiudere e ad essere a rischio: bisogna pensare a politiche di territorialità».
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Il Gazzettino