MASER - Un migliaio di persone, in stragrande maggioranza giovani e giovanissimi, ha partecipato oggi, 1 luglio alle 18, nel campo sportivo di Maser, all'ultimo saluto...
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I PALLONCINI
Prima di volare in cielo con i palloncini bianchi nei quali comparivano le sue foto, lasciati andare compagni della prima B classico del liceo Levi. L'ultimo saluto a Vittoria De Paoli, ha aggrovigliato corpo e anima delle oltre mille persone presenti. Impossibile non identificarsi nella mamma Paola, nel papà Moreno, nelle sorelle Rebecca e Carolina, vicini in prima fila a quella bara di legno chiaro riscaldata dalle gerbere gialle. Irreale il silenzio, con la provinciale chiusa per due ore. Composti, con sguardi che avevano perso i tratti dell'allegria adolescenziale ed erano ora persi nel vuoto ora pieni di lacrime, i tanti coetanei simbolicamente stretti l'uno all'altro e a Vittoria. Con due striscioni, alla sinistra del palco in cui era stato allestito l'altare, che, richiamando un tratto distintivo della giovane, dicevano continua a sorridere. Una ragazza dalle mille passioni, Vittoria. Per il cavallo, ad esempio. Ed uno splendido esemplare, che lei cavalcava e che recava un drappo con scritto il suo nome, ha scortato la sua bara all'arrivo al campo. La Messa è stata concelebrata dal parroco don Carlo Velludo con altri 4 religiosi, fra cui il parroco di San Pietro di Barbozza, parrocchia in cui risiede l'amico che guidava la vespa, il diacono Alessandro Zorzi, collaboratore del dirigente al liceo Levi, e don Fabio Bertuola.
La funzione è stata estremamente toccante. «Non potremo più toccarti e vederti. Resta un nome che parla di amore e amicizia» ha detto il parroco Carlo Velludo che ha celebrato la messa in un rigoroso silenzio, osservato dal migliaio di amici e conoscenti che si sono voluti stringere attorno alla famiglia.
IL RICORDO
E proprio lui ha raccontato un aspetto struggente. «Quattro anni fa -ha detto- Vittoria mi chiese di ricevere battesimo ed eucarestia. Eravamo a un campo scuola e quella è stata la chiara dimostrazione che lo spirito di Dio può agire nei cuori delle persone». Anche se, di fronte alla tragedia, «siamo qui con la bocca serrata in un morso di rabbia e impotenza». Del resto, «vorremmo la lucidità per capire perché è successo, ma non ha senso porsi domande a cui non c'è risposta». E, anche se non sono mancati inviti a «chiedere perdono per tutte le volte in cui mettiamo in pericolo la nostra vita», a prevalere è stata l'idea di unità. «Mi sento sollevato da tutto l'affetto che ho colto nella comunità», ha confidato il papà di Vittoria al sindaco Claudia Benedos. Una comunità in cui «nessuno ha giudicato e tutti si sono uniti nell'ultima carezza». E non è mancato un messaggio al ragazzo che era con lei quella maledetta sera. «Ti affidiamo Simone -è il concetto espresso dalla preghiera dei fedeli - che sta lottando e i genitori di Simone».
Il Gazzettino