Olio bollente sulla pelle e violenze sessuali, ma lei dopo la denuncia lo perdona

Ha avviato con il marito un percorso di "giustizia riparativa" per fargli ottenere lo sconto di pena

VENEZIA - La moglie lo ha perdonato ed è pronta ad avviare assieme a lui un percorso di cosiddetta "giustizia riparativa", per consentirgli di usufruire di uno...

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VENEZIA - La moglie lo ha perdonato ed è pronta ad avviare assieme a lui un percorso di cosiddetta "giustizia riparativa", per consentirgli di usufruire di uno sconto di pena e poter così ottenere una condanna più contenuta rispetto ai quattro anni e sei mesi reclusione che gli sono stati inflitti in primo grado per maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale.


Il processo d'appello a carico di un trentaseienne di nazionalità marocchina è stato dunque sospeso, in attesa che l'uomo risarcisca la coniuge e che l'Ufficio di esecuzione penale esterna predisponga il progetto a cui dovrà sottoporsi, per comprendere il disvalore dei propri comportamenti e impegnarsi in futuro a rispettare la moglie. Nel frattempo la Corte veneziana gli ha concesso gli arresti domiciliari, dopo alcuni mesi trascorsi in carcere, accogliendo la richiesta formulata dal suo difensore, l'avvocato Giorgio Pietramala.
Il trentaseienne, residente in provincia di Belluno, fu arrestato nella primavera scorsa, a seguito della querela presentata dalla moglie, la quale riferì di numerosi maltrattementi a cui era stata oggetto dal 2021 da parte del marito, il quale faceva abuso di alcool e droga, ed era solito picchiarla ed inveire contro di lei contestandole di non rispettare i precetti islamici in quanto non indossava il velo.


OLIO BOLLENTE
In un'occasione l'uomo le rovesciò olio bollente provocandole ustioni in varie parti del corpo e sul viso; in un'altra la costrinse a subire un rapporto sessuale non voluto, dopo averla presa per i capelli e schiaffeggiata. La violenza del trentaseienne raggiunse l'apice quando scoprì tra i numeri memorizzati nel cellulare della moglie quello del maresciallo dei carabinieri al quale aveva presentato denuncia.
Al processo di primo grado, celebrato con rito abbreviato, il quadro probatorio a carico dell'imputato è stato ritenuto pesante e il giudice lo ha condannato a quattro anni e sei mesi, tenendo conto anche di un precedente patteggiamento a due anni di reclusione per episodi analoghi di cui la moglie, sua connazionale, conosciuta in Italia, era stata vittima una decina di anni prima.


IL PERDONO
Dopo aver scontato quella prima pena, nell'autunno del 2013, il trentaseienne era stato espulso. Successivamente chiese perdono alla donna, sostenendo di essersi pentito e convincendola a raggiungerlo in Marocco dove si sono sposati nel 2014.
Nel 2021, dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, ha fatto ritorno in Italia, stabilendosi con la moglie, per la quale è però iniziato un vero e proprio calvario. La donna ha trovato il coraggio di denunciare le violenze subite, ma al processo ha revocato la costituzione di parte civile contro di lui: dopo averlo incontrato in carcere, infatti, ha percepito il suo pentimento - questa volta a suo avviso autentico - e ha ritenuto di offrirgli un'altra possibilità, per poter così rimettere assieme la famiglia e consentire ai figli di riabbracciare il padre. Il giudice di primo grado ha evidenziato la "fragilità" emotiva della donna sottolineando parallelamente il "potere" e la "capacità manipolatoria" del marito che faceva leva sui sensi di colpa della coniuge.


A distanza di sei mesi dalla sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Belluno, la donna non ha cambiato idea e il suo perdono si potrebbe ora concretizzare nel progetto di "giustizia riparativa" chiesto dall'avvocato Pietramala, procedura introdotta dalla più recente riforma del sistema penale, finalizzata a sostituire il carcere con pene e percorsi alternativi il cui scopo è il recupero e la risocializzazione del reo. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino