L'avvocato Margherita Mannino, la 33enne padovana che ha scoperto il teatro e è fuggita a Roma per inseguire i sogni

L'avvocato Margherita Mannino, la 33enne padovana che ha scoperto il teatro e è fuggita a Roma per inseguire i sogni
A scuola, mentre tutti i compagni erano timidi, lei amava esibirsi in pubblico e saliva sulla sedia per recitare la poesia alle riunioni di famiglia. Inutile chiedersi quando sia...

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A scuola, mentre tutti i compagni erano timidi, lei amava esibirsi in pubblico e saliva sulla sedia per recitare la poesia alle riunioni di famiglia. Inutile chiedersi quando sia iniziato il percorso che ha portato Margherita Mannino sul palcoscenico. Padovana, classe 1987, l'attrice è ora protagonista dello spettacolo La figlia di Shylock, produzione virtuale dello Stabile veneto diretta da Giuseppe Emiliani, ma in curriculum ha collaborazioni in teatro con Alberto Terrani, Leo Muscato, Maurizio Scaparro, Arturo Cirillo, Lindsay Kemp e Alex Rigola e davanti alla macchina da presa con Silvio Muccino, Matteo Vicino, Andrea Adriatico e Alessandro Rossetto. Senza contare le serie Tv (Doc: Nelle tue mani, Di padre in figlia, Don Matteo 9, Benvenuti a tavola 2), i corti e i videoclip, fino alla pubblicità (nel 2011 era nello spot della Telecom diretto dal premio Oscar Sam Mendes.


Margherita, come è arrivata al teatro?
«Attraverso la scuola. Al liceo è arrivato il magico' Andrea Pennacchi che ha costruito un percorso per il gruppo teatro della scuola. È stata una folgorazione. Andrea è un grandissimo formatore, un educatore e un comunicatore. Ci faceva affrontare testi forti, ci faceva divertire. Con lui il gruppo teatro è esploso: a fine corso abbiamo dovuto allestire un Gargantua e Pantagruel' perché quasi 49 persone avessero ciascuno una parte».

E poi finito il liceo... 
«Mi son iscritta a Giurisprudenza, mi sono laureata e sono pure diventata avvocato».

Avvocato Mannino, davvero?
«Vivevo a Padova con la mia famiglia e c'è un'ottima università. Mi piaceva studiare, ma ero disorientata e il diritto era una cosa nuova».

E il teatro?
«Ho continuato a farlo con il TPR a Padova, finché un giorno mia madre mi porta un volantino dell'Accademia dello Stabile. Ho fatto il provino portando Dante e la Medea e una mattina, mentre ero in aula studio, ricevo la chiamata per l'ammissione. È stata una delle gioie più grandi della mia vita».

Eppure non ha mollato il diritto.
«Ho portato avanti le due cose. Facevo orari allucinanti, ma ero piena di energia. Mi sentivo rinata e felice. Ho concluso l'accademia che mi mancavano pochi esami e una settimana dopo avevo lo zaino pronto per trasferirmi a Roma».

A caccia di sogni?
«Avevo capito cosa volevo fare e volevo andare via da Padova, che sentivo provinciale. A Roma ho fatto la pratica forense e, in un momento di crisi artistica, pure l'esame di avvocatura».

Le è servito?
«Ogni tanto penso sia stato uno spreco di tempo ed energia, avrei potuto andare a studiare teatro all'estero, ma in fondo credo sia parte di me questo percorso. Non solo mi gestisco la contrattualistica molto bene, ma ho anche una forte disciplina sul lavoro. E imparo a memoria facilmente i copioni, talvolta anche le parti dei colleghi».

Ha sempre fatto quello che le piace? 
«Direi di sì. Ho fatto laboratori con maestri come Emma Dante o William Defoe, Sepe e Rifici; ho cercato di lavorare con più registi possibile molto diversi tra loro».

Roma ha portato anche cinema e Tv? 
«Sono arrivata nel 2011 e ho iniziato a spaziare: dalla fiction al cinema, fino al primo film da protagonista con Matteo Vicino».

Il teatro è rimasto?
«Certo. E la cosa bella è stata tornare in Veneto per lavorare con lo Stabile e la mia vita è diventata la giostra che tutti gli attori conoscono, in tournée senza sosta. Nel frattempo ho riscoperto la bellezza della mia città».

Nuovi progetti?
«A ottobre dovrebbe partire la tournée dello spettacolo diretto da Muscato con Alessandro Haber... speriamo. E poi l'anno scorso ho realizzato uno dei miei sogni nel cassetto: una autoproduzione, Fino a quando la mia stella brillerà, un monologo su Liliana Segre tratto dal romanzo scritto con Daniela Palumbo. Credo nel valore sociale e politico del teatro. E poi uno degli ultimi lavori a cui tengo molto è il cortometraggio sulla violenza alle donne L'Aurora', diretto da Lorenzo Cassol su sceneggiatura di Alessia Buiatti. Infine con Cinemakey di Marco Fantacuzzi abbiamo girato una serie in casa durante la quarantena che dovrebbe uscire a breve».

Tanti sogni realizzati dunque? 

«A dire il vero, mi piacerebbe anche un ruolo in un fantasy, perché li adoro. E poi mi interessa lavorare sul territorio, con registi veneti».

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Il Gazzettino