Bandito dai prodotti dolciari e, in futuro, anche da quelli petroliferi. Per la produzione del biodiesel che esce dalla raffineria di Porto Marghera, Eni annuncia di essere pronta...
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Lo ha annunciato ieri l’amministratore delegato del gruppo, Claudio Descalzi, davanti alla Commissione Industria del Senato. La svolta “green” di Eni, che nel 2014 ha riaperto l’impianto di Porto Marghera - altrimenti condannato alla chiusura - riconvertito alla produzione di biodiesel con l’impiego di olio di palma, segna dunque un altro passo in avanti. Anziché ricorrere all’olio ricavato dalle palme provenienti dal Sudest asiatico, si ricorrerà a materiale di scarto fornito dai consorzi per la raccolta degli oli esausti, prodotti dai fast food ma anche dalle cucine domestiche. Ma si pensa a utilizzare anche grassi animali prodotti dall’industria zootecnica. A costi (anche ambientali) vicini allo zero. A Porto Marghera i lavori per l’impianto di trattamento di oli e grassi sono cominciati la scorsa estate e dovrebbero essere completati a breve. Più indietro la riconversione della raffineria di Gela, secondo polo italiano nel quale Eni produrrà biodiesel.
Nel corso dell’audizione al Senato, Descalzi ha difeso la politica ambientale di Eni, auspicando l’applicazione di una carbon tax, e ha sottolineato i risultati ottenuti con la produzione di biodiesel. L’addito prodotto a Porto Marghera, miscelato al 15% al gasolio, è in grado di ridurre del 4% i consumi, del 5% le emissioni di anidride carbonica, del 40% gli idrocarburi incombusti e del 20% le polveri sottili. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino