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VENEZIA - I tumulti nel centro di Khartoum e l'impossibilità per chi accusa Marco Zennaro di una frode nelle forniture di trasformatori, di raggiungere il tribunale della capitale del Sudan. Così l'udienza di ieri è stata fatta saltare e rimessa in agenda per domenica. Entra quindi anche la vita quotidiana del popolo sudanese nella vicenda giudiziaria del quarantaseienne imprenditore veneziano arrestato il primo aprile a Khartoum e ora libero in un albergo della capitale con il solo obbligo di non lasciare lo stato africano, dopo settanta giorni d'inferno passati tra una camera di sicurezza del commissariato di polizia - a più di 50 gradi e con una trentina di detenuti - e una cella del penitenziario.
LA GIORNATA
Quella di ieri doveva essere la giornata nella quale, di fronte al tribunale sudanese, si sarebbe dovuta tenere l'udienza per il procedimento penale ancora pendente. È la seconda accusa che è stata presentata nei suoi confronti, da parte di una ditta di Dubai che lamenterebbe la mancata consegna della merce già pagata e che pretenderebbe un risarcimento di 900mila euro.
In programma, spiega l'avvocato Aldo Silanos, legale della famiglia Zennaro, c'era l'audizione di chi accusa Marco Zennaro: gli sarebbero state chieste delle precisazioni in merito al capo d'imputazione (che nemmeno alla difesa risulta poi tanto chiaro).
IL CALENDARIO
Un rinvio che se da un lato non cambia la condizione detentiva del quarantaseienne - ancora in albergo non in perfette condizioni di salute dopo la scarcerazione di lunedì - allunga però l'iter giudiziario.
Oltre all'udienza di domenica, il 29 giugno dovrebbe tenersi l'udienza per il procedimento civile della vicenda principale, quella per cui è stato detenuto e che, peraltro, ha già visto l'archiviazione da parte del procuratore generale per quanto riguarda il processo penale. L'accusa, in questo caso, era arrivata da un componente delle milizie che sosteneva che i trasformatori procurati dalla ditta di Marco fossero difettati.
IL MINISTRO
Della vicenda ha riferito di essere molto interessato e disponibile a fare ogni cosa per riportare Marco a casa anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. «Ho parlato con il ministro alla Camera - ha spiegato ieri il deputato veneziano del Pd, Nicola Pellicani, tra i primi a interessarsi al caso Zennaro - e mi ha assicurato che la Farnesina segue con attenzione ogni sviluppo della vicenda con l'obiettivo, dopo la scarcerazione, di far sì che Marco torni in Italia». L'altra sera intanto, dopo due mesi e mezzo, Marzo Zennaro ha potuto rivedere le figlie per la prima volta. «Torna a casa presto papà», la commovente richiesta delle piccole. Ed è la stessa di un'intera città. Ieri sera il Consiglio comunale ha approvato unanime una mozione di solidarietà con la richiesta al Governo di farlo tornare a casa quanto prima. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino